lunedì 26 settembre 2011

Il nido ai tempi della crisi

Elena Luciano, Università degli Studi di Parma

I servizi per l'infanzia italiani stanno vivendo un periodo di forte difficoltà, come se fossero attraversati da una bufera violenta che scuote, spinge, sbatte, tormenta e, attraverso un vento forte e polveroso, mette a dura prova la loro stabilità, resistenza e capacità di rinnovamento, nonché la progettualità e la professionalità di coloro che a vario titolo vi operano.

Il nido è in crisi e non certo perché ideologicamente, provocatoriamente e senza alcuna problematizzazione di ordine pedagogico viene talvolta attaccato in funzione di un ritorno, da parte delle donne, a una vita fatta di latte, figli e premure domestiche. Risale a quaranta anni fa il primo strumento legislativo italiano – la legge n. 1044 del 6 dicembre 1971 – volto a trasferire la cura e la tutela del bambino dalla famiglia alla comunità, attraverso una programmazione dei servizi sociali con un diretto appoggio delle Regioni e degli enti locali: nel quadro di un sistema di sicurezza sociale, il nido nasceva come risposta ai bisogni di supporto espressi dalle famiglie con genitori impegnati professionalmente. Tale risposta era allora intrisa di dubbi sulla validità di un'educazione collettiva precoce e sugli effetti negativi dell'allontanamento dei bambini dalle loro principali figure di riferimento.

venerdì 23 settembre 2011

E se provassimo a darci un taglio?

Un'estate di manovre finanziarie e non sembra ancora finita. Interventi pesanti, resi necessari da una crisi che certamente deve essere superata senza sfasciare del tutto l'Italia. Su questi temi, molti sono intervenuti, anche con grande competenza. Noi vorremmo sollecitare uno sguardo diverso. Che cosa possiamo imparare anche da questo passaggio? Quali riflessioni e quali comportamenti possiamo utilmente sviluppare? All'origine delle decisioni politiche viene assunto come assioma che è necessario tagliare la spesa pubblica, che dobbiamo ridurre le spese per i servizi sociali ed educativi, che dobbiamo dare più spazio al privato, che tutto deve essere ricondotto entro parametri di compatibilità. Ma dove sta scritto che queste regole siano certe e indiscutibili? Chi ha stabilito che così deve essere in assoluto? Chi decide dove si colloca la compatibilità? All'origine delle decisioni o solo a valle quando si tratta di spartirsi le briciole?

Forse è arrivato il momento di porsi seriamente la questione se sia veramente utile continuare a consumare energie per salvare le rovine dell'esistente e per cercare di difendere “quel che resta” o se non è il momento di ripartire da capo, di porci il problema di cosa non va all'origine per poi affrontare i problemi a valle in un'ottica rinnovata che apra nuove prospettive e non ci riconduca ogni volta al punto in cui ci ritroviamo inesorabilmente da decenni: a tagliare, a penalizzare, a imbarbarire le convivenze.