mercoledì 26 novembre 2014

Alla scoperta di Sasso Morelli di Sandra Cevinini e Elisa Allegri. Un approfondimento.

Pubblichiamo questo commento di approfondimento, ricevuto in redazione a riguardo dell'articolo pubblicato sulla rivista nell'ottobre 2014. 



Ho trovato particolarmente interessante questo percorso per diversi motivi che ora cercherò di evidenziare. Per prima cosa mi è piaciuto molto lo stile narrativo (ma sempre in dialogo con i presupposti di senso), usato dalle colleghe di Sasso Morelli, per raccontare l'esperienza. Sono un po’ ….entrata nel vostro paese e me lo sono rappresentata, percependo (o forse solo immaginando) la dimensione umana del posto.
E venendo alle motivazioni che  hanno ispirato il percorso, condivido pienamente l’attenzione alla dimensione di socialità della scuola. Ma una socialità attiva che esce dalle “stanchezze” dei momenti codificati per rendere invece effettivo e circolare il dialogo scuola-famiglia-territorio.
E, in seguito, la scelta educativa su come elaborare il senso  della scoperta del proprio paese, attraverso la  didattica laboratoriale.
Anche nella mia scuola l’attenzione ai laboratori, alle proposte rivolte ai genitori hanno sempre rappresentato un punto rilevante dei nostri percorsi, ma  la costruzione messa in atto dalle colleghe di Imola, mi sembra particolarmente pensata. L’aspetto di “sedimentazione” del primo approccio laboratoriale, poi ricalibrato coinvolgendo bambini e genitori  nell’ideazione (oltre che nella partecipazione), mi sembra un punto qualificante e per niente scontato.
E poi, a ricaduta, gli spazi della scuola che diventano flessibili e permettono ai bambini di riappropriarsi dell’esplorazione del proprio paese e di metabolizzare “a più voci” le conoscenze e le competenze acquisite.
In conclusione, grazie per la “naturalezza” del racconto, per la ricerca di senso, i contesti pensati e il lavoro a più mani.
Riprendo la frase ispiratrice del vostro percorso “ l’uomo è per sua natura un essere sociale” e penso: quanto senso civico, quanta democrazia possiamo (o non) respirare nelle nostre scuole?
Natalina Colturi

mercoledì 5 novembre 2014

Riforme in corso - ottobre 2014. CRESCERETE E LA CARTA DELLA QUALITÀ DEI SERVIZI EDUCATIVI DELLE COOPERATIVE SOCIALI LEGACOOP

Crescerete è il nome del gruppo di lavoro delle cooperative sociali aderenti a Legacoop che si occupano di servizi 0-6. È un gruppo di lavoro composto da oltre 150 cooperative delle diverse realtà regionali che si incontrano tre-quattro volte all’anno e mantengono costanti relazioni e confronti tramite la rete.


Un gruppo di lavoro che già da tre anni organizza nel mese di luglio incontri di due giorni con diversi interlocutori presentando idee, riflessioni, proposte. L’incontro di quest’anno è stato dedicato alla proposta di legge 1260, mentre lo scorso anno la riflessione era centrata sui temi della qualità perché, dopo molti appassionati e costruttivi confronti, le cooperative sociali hanno condiviso la Carta della qualità dei servizi educativi delle cooperative sociali aderenti a Legacoop-Crescerete.
Non è stato facile costruire la Carta della qualità. Il confronto fra grandi e piccole cooperative, fra diversi modelli e approcci pedagogici, ma più che altro fra le diverse realtà territoriali hanno regalato ai partecipanti la possibilità di comprendere la ricchezza della diversità e delle varie specificità. Contemporaneamente, i confronti hanno evidenziato le difficoltà di costruire modelli e indicazioni stringenti e omogenee considerando che le diverse realtà regionali economiche e sociali condizionano la realizzazione dei servizi rivolti alla prima infanzia e le azioni dei soggetti gestori.
Da Dobbiaco a Lampedusa, passando dall’Emilia, la Toscana, Roma... grazie al contributo e alle testimonianze delle varie cooperative ci si è resi conto, che in assenza di una legislazione nazionale e di risorse certe dedicate ai servizi, la qualità dei servizi è un concetto molto “aperto”. Per questo motivo abbiamo inteso la Carta della qualità come un’indicazione a perseguire gli obiettivi identificati nelle nove diverse tematiche senza entrare troppo nel merito di stringenti indicazioni, peraltro molto spesso presenti nelle diverse legislazioni regionali.
Le nove tematiche sono:
·         cooperare per costruire comunità;
·         il lavoro di comunità per promuovere la coesione sociale;
·         la centralità del bambino;
·         la qualità della relazione adulto-bambino;
·         spazi adeguati per esperienze educative;
·         la strategia del lavoro di équipe;
·         formarsi nel tempo per educare;
·         la presenza del coordinatore pedagogico-gestionale;
·         l’applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro.
Nei prossimi mesi, anche grazie a questo spazio e a quello del blog, i diversi partecipanti al gruppo di lavoro proporranno riflessioni specifiche sui singoli temi nella consapevolezza che le tematiche legate alla qualità necessitano di confronti e di aggiustamenti costanti.


Pensieri senza frontiere - ottobre 2014. BELLEZZA E ACCESSIBILITÀ: UNO SGUARDO DA NORD. II parte

Nima Sharmahd
Senior Researcher presso  il Centro VBJK di Gent (Centre for Innovation in the Early Years) e Cultrice della materia presso il Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia dell’Università di Firenze


L’espressione “dittatura della qualità” mi è rimasta impressa nella memoria, anche perché strettamente legata al tema dell’accessibilità dei servizi. 

Pensieri in libertà - ottobre 2014. INFANZIA DIGITALE? NO, GRAZIE.

Cinzia Mion

Psicopedagogista, psicologa e formatrice; già dirigente scolastica e già componente della Commissione Pari Opportunità donna-uomo del Ministero della Pubblica Istruzione


È di un paio di anni fa il bel manifesto provocatorio del maestro elementare Franco Lorenzoni, coordinatore della Casa laboratorio di Cenci, inviato all’allora sottosegretario Rossi Doria, dal titolo “Fino a otto anni scuole libere dai computer”. A questa lettera aperta, ricca di argomentazioni psicopedagogiche, rispose Rossi Doria con una lettera-saggio: “Costruiamo aquiloni e navighiamo nel web” in cui si raccomandava in modo molto suggestivo l’uso delle “mani che pensano”, come ama definirle Clotilde Pontecorvo.