martedì 17 maggio 2016

Doppio punto di vista - Maggio 2016. QUESTIONE DI TRASPARENZA

di Claudia Ottella

Il principio della trasparenza è un concetto che oggi viene utilizzato per definire la possibilità che deve essere data ai cittadini di accedere a tutte le informazioni che riguardano l’attività della Pubblica Amministrazione, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo democratico sulle istituzioni. 


I servizi educativi, in quanto servizio pubblico, non sono esenti da tale principio. Peraltro, alla luce di recenti fatti di cronaca, che hanno messo in evidenza spiacevoli situazioni, la reazione spontanea di chi è al di fuori di essi è proprio la richiesta di controllo sulle dinamiche che avvengono all’interno, quasi che, attraversandone le pareti e ipotizzando strategie di vigilanza diretta delle famiglie, i problemi che generano tali circostanze si potessero dissolvere.

Il punto di vista dei servizi
Una prospettiva di trasparenza imposta, anche per chi nulla avrebbe da nascondere, non appare allentante, soprattutto nei termini di veder cadere invece, in nome di tale innegabile principio, il valore della fiducia reciproca nel patto costruito con le famiglie. Ribaltando il problema, ci domandiamo che cosa accadrebbe invece se fossero i servizi ad aprirsi in modo diverso, costante, continuo, dimostrando che quei confini che si vorrebbero forzatamente travalicare, in realtà non esistono. In questo caso, l’impulso a compiere il primo passo scaturisce dai servizi, che uscendo fuori e varcando le soglie delle aule possono manifestarsi senza titubanze. Provando a immaginare di non restare chiusi dentro le stanze di scuole e nidi, e di abitare giardini, strade, parchi cittadini, orti, quartieri, incontrando il mondo senza chiuderlo fuori, mentre si stemperano naturalmente i dubbi e si dissipa ogni ambiguità, si permetterebbe anche ai bambini di vivere un modo nuovo e più autentico di fare scuola. In nome della sicurezza, oggi, ci si imprigiona sempre più spesso dentro le rassicuranti pareti dei servizi: così facendo però, negando ogni possibile continuità con l’esterno, rendiamo sempre più inaccessibile e sconosciuto il dentro. E ciò che è ignoto spesso intimorisce.

Il punto di vista delle famiglie

Ogni genitore, che affida il suo bene più prezioso ad altri, ha il bisogno e il diritto di essere rassicurato rispetto all’aver correttamente riposto la propria fiducia. Il desiderio di vedere all’interno delle mura in cui i bambini trascorrono molte ore è legittimo e comprensibile: c’è da domandarsi, però, se tale desiderio persisterebbe qualora queste mura fossero implicite anziché reali, se non fossero barriere ma solo un alveo aperto allo sguardo, pareti traspiranti tra il dentro e il fuori. Di fronte a un’istituzione che si muove nel mondo, non asserragliata e inaccessibile, ma orientata all’esterno, disponibile ad aprire il varco, forse decadrebbe la necessità di introdursi con prepotenza. Il patto di fiducia, indispensabile in ogni processo educativo, non sarebbe in alcun modo messo in discussione, se validato quotidianamente dalle incursioni della scuola fuori. “Se la soglia è aperta, facilmente praticabile, senza ostacoli, significa che tra il dentro e il fuori c’è continui-tà, che chi sta dentro accoglie chi sta fuori e viceversa” (L. Ottolini, “Soglie”, in M. Guerra, a cura di, Fuori.Suggestioni nell’incontro tra educazione e natura, Franco Angeli, Milano, 2015), con una trasparenza spontanea e generatrice di fiducia, dove lo stare fuori diventa proiezione della realtà dentro.

1 commento:

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