Psicopedagogista,
psicologa e formatrice; già dirigente scolastica e già componente della
Commissione Pari Opportunità donna-uomo del Ministero della Pubblica Istruzione
Educare alla differenza di genere dovrebbe rientrare nell’educazione di base che contribuisce alla maturazione dell’identità di ogni soggetto, per creare le fondamenta del processo indispensabile a diventare uomini e donne. Per tale motivo è essenziale che genitori e insegnanti diventino consapevoli del rischio di praticare gli stereotipi di genere più diffusi, che sono spesso quelli più scontati e insidiosi perché considerati “naturali”.
Diventa
quindi importante e urgente creare uno spazio di riflessione con chi ha ruoli
educativi, attraverso una formazione a tappeto di docenti ed educatori, a
partire da quelli del nido.
A
tale proposito la L.128 /2013
– risultato della trasformazione del decreto 104/2013, noto come provvedimento
“Ripartire dalla scuola” della Ministra Carrozza – reintroduce l’obbligo della
formazione per i docenti limitatamente ad alcune aree tra cui “l’incremento
delle competenze relative all’educazione all’affettività e al rispetto delle
diversità e delle Pari Opportunità di genere e al superamento degli stereotipi
di genere, in attuazione di quanto previsto all’articolo 5 del Decreto 2013 n. 119” (meglio nota come legge sul femminicidio).
La
legge è chiara e non permette ambiguità eppure da allora in poi si sono
manifestati due fenomeni particolari: la quasi generalizzata ignoranza da parte
degli operatori della scuola del dettato della legge (la maggior parte cade
dalle nuvole) e la contagiosa opposizione da parte dei genitori integralisti di
qualsiasi iniziativa che parli di “genere”.
Aveva
iniziato l’Avvenire (il giornale dei
vescovi) ad allertarsi e a parlare della teoria-del-
genere come di una scandalosa teoria che potrebbe legittimare chissà quali
nefandezze in quanto ha il coraggio di affermare che non c’è un legame biunivoco tra sessualità biologica e identità
sessuale…
.
A
queste osservazioni aveva risposto la nuova Ministra Giannini, difendendo la
scelta della legge anche quando la stampa ha riportato la prima sollevazione di
alcuni genitori per la lettura di un passo del libro “Sei come sei”, testo di Melania Mazzucco, consigliato dai docenti
del Liceo Giulio Cesare di Roma perché considerato stimolo e occasione di
confronto intorno alla tematica dell’omosessualità e alle cosiddette “famiglie
arcobaleno”.
Qualcuno
afferma che il Vaticano si è inventato “la teoria del genere” (convegno Habemus gender”) per opporsi a
qualsiasi affermazione che possa in prospettiva minare alla base la famiglia
tradizionale.
Un
po’ alla volta si è diffuso tra i genitori (AGESC, MOIGE, e altre associazioni
come il movimento “Giuristi per la vita”) l’allarme rispetto alla formazione
summenzionata dei docenti che da un certo punto in poi ha ricevuto uno stop
anche dal Sottosegretario G. Toccafondi!
A
essere presa di mira è stata anche la lotta agli stereotipi con motivazioni
talmente ridicole e reazionarie da indurre alcune domande: ma cosa si vuole da
parte del mondo reazionario integralista? Si vuole negare che l’identità di
genere passa attraverso l’accettazione psicologica di quella biologica? Che non
esiste nessuna disforia di genere? Che non esistono sulla faccia della terra
transgender e transessuali? Che non esistono altri due orientamenti naturali di
genere oltre all’eterosessualità che si chiamano omosessualità e bisessualità? Che
queste sarebbero scelte viziose o malattie? Che bisognerebbe avallare lo
stereotipo maschilista per cui nella coppia l’uomo comanda e la donna
obbedisce? Che non importa se questi stereotipi sono alla base di un’asimmetria
relazionale pericolosa che può portare alla violenza e al femminicidio? Che non
è corretto condannare l’omofobia e il bullismo omofobico perché altrimenti non
si rispetta la libertà di pensiero?
I
genitori delegano alla scuola tale tematica molto volentieri tranne poi
ribellarsi e scattare lancia in resta se la scuola parla senza infingimenti. Il
più delle volte i genitori integralisti non desiderano l’educazione alla sessualità dei loro figli, ma della sessualità. Pensano in prospettiva
al controllo di questa dimensione
dell’esistenza dei loro figli non ad una esperienza serena, gioiosa e felice di
questo aspetto, così determinante nel vissuto di ogni persona.
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