Educatrice
professionale e Dottoressa in tecniche psicologiche
Pochi
mesi fa sono stata in Austria, precisamente a Ried im Innkreis, in una scuola
democratico montessoriana (“Bildungswerkstatt Knittlingerhof”), con scuola
dell’infanzia annessa di ispirazione ibrida: principalmente a Montessori e
Pikler.
Questa, come altre da me vissute, è stata un’esperienza dal
sapore complesso: a tratti piacevole e a tratti meno.
Da un lato, è stato bello ed esaltante osservare la
concretizzazione di una teoria educativa, quella – appunto – democratico
montessoriana, ammirare il reale sforzo di perseguire il progetto dichiarato,
la totale fiducia nella pedagogia in quanto scienza e nell’educazione in quanto
strumento per la realizzazione della felicità dell’individuo. D’altro canto,
però, alcune resistenze hanno fatto capolino tra i miei pensieri cercando di
riportarmi alla sicurezza del già noto, alla consuetudine vissuta durante la
mia formazione e che vediamo ancora oggi riprodotta nelle nostre scuole
statali. In un certo senso mi infastidiva vedere, al posto di maestre impegnate
a spiegare e ragazzi seduti testa china sul libro, totale autonomia di
movimento, libertà di apprendimento, assenza di limiti e costrizioni imposte
dall’alto.
A ogni modo, in questa sede non è di
metodo che vorrei parlare ma delle domande che mi pongo ogni volta che vado
all’estero. Come mai in Italia facciamo così fatica a discostarci dalla
tradizione? Come mai siamo quelli che hanno bisogno di studiare di più per fare
gli educatori (ci occorre una laurea e non un diploma) ma allo stesso tempo i
nostri modi di agire sembrano non cambiare mai? Certo, non voglio
generalizzare, abbiamo anche noi esempi illustri di esperienze educative
illuminate, eppure anche queste tendono a diffondersi maggiormente al di fuori
nostro Paese. Osservo che, per la maggior parte dei mie connazionali, quando si
parla di educazione libertaria, di metodo Pikler o addirittura Montessori (che
se pur attualissimo non possiamo certo considerare novità), lo si fa pensando a
qualcosa di esotico, quasi New Age o comunque a qualcosa che esula dalla
normalità. Una volta un papà mi disse di preferire la scuola così com’è rispetto
a qualsiasi altra sperimentazione perché solo la prima rispecchia la realtà
mentre per tutto il resto si tratta di micromondi edulcorati che offrono
libertà di espressione e azione che nella vita reale non esistono.
Quasi nessuno dei genitori conosciuti nella scuola austriaca
faceva un lavoro artistico o legato alle teorie New Age; molte persone poi
erano di istruzione media, ma non occorre essere dei luminari per fidarsi della
pedagogia come scienza.
Nel mondo che mi circonda noto come abbiano fatto meno fatica
a diffondersi esperienze che si discostano enormemente
dalle nostre radicate abitudini alimentari e mediche, piuttosto che la fiducia
nel fatto, per esempio, che mettere un bambino in castigo non sia produttivo.
Nel mio intorno, riscontro
ancora spesso sguardi interrogativi sulla reale attuabilità di teorie e
pratiche pedagogiche nuove, la mancanza di voglia di mettersi in gioco, il
retropensiero che "sono tutte belle parole, ma la realtà è diversa".
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