Educatore professionale, Dottore in Scienze dell’educazione
La mia avventura al
“Girotondo”, una realtà bilingue (0-6 anni) di Monaco di Baviera, è cominciata
grazie alla voglia di avventura. Un viaggio verso una direzione completamente
inattesa! Dalla fine forzata di un cammino italiano, a un inizio scelto, senza
troppe certezze, in un Paese del quale non conoscevo nemmeno la lingua.
Cosa succede se
provo a cambiare modalità del mio fare quotidiano proprio mentre vivo
importanti relazioni? Cosa posso proporre di nuovo, di differente, oppure
solito, abituale, ma in un modo completamente altro rispetto all’ordinario?
Cosa succede se provo a camminare ancora un po’, per scoprire cosa c’è dietro a
quest’ultima collina, se valico quest’altro confine? Che cosa mi insegnano i
passi compiuti fino a oggi perché anche il domani abbia un buon sapore e possa
dirmi qualcosa di significativo? Sono proprio le domande, le questioni nuove e
le sfide da accettare che devono metterci in gioco.
Io non so se ho
fatto la scelta giusta ma di sicuro ho scelto di non stare fermo. Arrivati a un
momento in cui il cambiamento è maturo o, come nel mio caso, imposto, è
veramente insensato attendere che le cose cambino da sole. Questa è la prima
cosa che ho visto stando al di là delle Alpi, oltre un confine geografico che
non deve divenire una barriera invalicabile, bensì un luogo dal quale aver
voglia di sbirciare. Avere la voglia e la forza di provare a cambiare
situazioni, che da troppo tempo non ci lasciano che amaro in bocca, deve
divenire uno scopo primario per chi si occupa di educazione. Il rischio,
invece, è quello di fermarsi immobili e trovare giustificazioni perché la
nostra quotidianità ci appaia comunque accettabile. Anche se con tutti noi
stessi capiamo che le cose non stanno così!
Porsi domande, aprire porte, superare barriere (troppe volte solo
mentali) che limitano e che impediscono la relazione e la comunicazione vera,
saporita, coinvolgente, deve divenire l’esercizio quotidiano... Come cercare
risposte, non quelle giuste, non quelle che gli altri vogliono sentirsi dire,
ma quelle che fanno proprio al caso nostro, in quel momento, con quel panorama
di fronte agli occhi, circondati e immersi in quella particolare circostanza,
influenzati e coinvolti dalle persone che ci stanno intorno. La forza e le
motivazioni si possono trovare proprio nel non smettere di chiedersi: e se ci
provassi? Se provassi a cambiare qualcosa? Non fanno forse così i bambini e le
bambine al di là di ogni confine geografico (convenzione “adultamente”
culturale)?
E le risposte
migliori, quelle più spendibili nel contesto che ci circonda, non le dobbiamo
trovare per noi adulti, magari poco propensi a scommettere su noi stessi, ma
proprio per le piccole persone che accompagniamo. Per avere ancora la forza di
credere nel futuro.
I 100 linguaggi dei bambini. Le infinite
possibilità di espressione. Le mai definibili forme attraverso le quali si
svela la conoscenza. Un sistema olistico, che arriva alla conoscenza senza
dividere niente, ma continuando a provare, a sperimentare. A porsi domande.
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