Non
è passato ancora troppo tempo per dimenticare la foto di Aylan, il bambino
migrante ritratto morto su una spiaggia turca. O forse sì... Per dimenticare,
il tempo serve; soprattutto in questa “società del selfie”, in cui le immagini
si moltiplicano, affastellano, confondono. E non è passato abbastanza tempo
dalla diffusione delle immagini dei piccoli, armati di tutto punto, reclutati –
chissà come – dall’Isis.
Il
nostro atteggiamento “normale” nei confronti dei bambini è di protezione
rispetto a tali immagini: cambiare canale, evitare di mostrare, oscurare il
volto... Ma davanti a immagini di bambini in contesto violento anche noi siamo
sguarniti, indifesi. È il potere dell’immagine.
Dovremmo
guardare insieme ai nostri piccoli.
Durante
la settimana dei musei sono stato nel museo civico della mia città. Bella
l’animazione, ottima l’organizzazione. Abituati ai piccoli schermi del digitale
queste immagini di varie grandezze, alcune grandi come una parete e altre molto
in alto, scorrevano negli occhi delle mie bambine. Era la prima volta che
entravano in un museo – mea culpa! – ma è indubbio che in loro c’era difficoltà
a concentrarsi per più di un secondo. O, forse, la difficoltà era tutta mia.
Quella gallery murata, a ben pensarci, “veniva sfogliata” come si sfoglia una
gallery con il dito sullo schermo di uno smartphone o di un tablet. Via una
foto ne arrivava un’altra. Una velocità che non mi ha permesso di soffermarmi
sui particolari, che mi ha reso impossibile lo zoom: operazione che noi adulti
predigitali facciamo innanzitutto con gli occhi, con successiva concentrazione
sui dettagli.
Non
sono un appassionato di arte, ma ricordo ancora il tempo passato al Museo del
Prado davanti a Las meniñas di Velázquez. Il gioco degli specchi, la
collocazione dei personaggi e dello stesso autore mi aveva affascinato e per
giorni mi restarono quelle immagini negli occhi. Al pari dei disegni degli
Aristogatti o del Robin Hood della Disney. Insieme alla lettura per i nostri
piccoli credo dovremmo praticare anche la lettura di immagini. Esistono grandi
albi di fumetti in cui possiamo leggere il testo delle vignette e far scorrere
le immagini con la lentezza della lettura della pagina. O anche bellissimi libri
per bambini sull’arte, su come nasce, con esempi di grandi pittori della
storia, da ridisegnare in un gioco continuo.
Ma
ci sono anche le gallery per le ricerche on line in cui talvolta ci si imbatte
cercando un animale o un insetto che non si conosce. La stessa cosa va provata
con il nome di un artista che compare per caso nel dialogo con i piccoli.
Oppure fotografando oggetti di casa come se fossero opere d’arte. Operazioni
come questa possono aiutarci a trasformarci, insieme ai nostri bambini, da consumatori
di immagini a lettori e produttori di immagini. Per conoscere e per farlo
selezionando nel mare magnum di foto che inonda la nostra esistenza.
Salvatore
Settis in un articolo di più di un anno fa, su “La Repubblica”, a proposito di
selfie ricordava l’importanza dello sguardo: “La neo mania dei Selfie
sdoganati come performance individualista... inonda il web di foto ricordo che
certificano non la curiosità culturale ma la presenza rituale del turista. Non
archiviano il ricordo, sostituiscono lo sguardo: perciò la loro quantità è più
importante della qualità!”.
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