di Daniele
Barca
Lo scorso 27 ottobre il
MIUR ha pubblicato il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD)
http://www.istruzione.it/scuola_digitale/index.html: 35 azioni
e una serie di sinergie per far sì che il digitale a scuola non sia
un optional ma un diritto per tutti gli studenti. Che cosa c’entra
questo con la rubrica “Pensieri in libertà” in una rivista
dedicata all’educazione dei bambini più piccoli? C’entra, perché
il piano è proprio per loro.
Immagino che tra molti
dei lettori le perplessità sul digitale siano tante. Soprattutto sul
web, sulla modificazione delle funzioni manuali e intellettive, sulla
trasformazione degli equilibri relazionali e sociali ecc. Anche io ne
ho. Ma confesso che mi interessa più la soluzione al problema che il
problema in sé.
Il Piano si articola in
tre parti: una dedicata agli strumenti, una alle competenze e una
alla formazione dei docenti. Il vero cambiamento di mentalità, però,
sta nelle prime pagine e in tutta l’impostazione. Qui non si parla
di informatica, di programmazione, di pc, di tablet o, perlomeno, si
parla anche di questo. Il focus però è sull’educazione nell’era
digitale. Il Piano dice: esiste questo mondo, fa parte delle nostre
vite, può la scuola o l’insegnante ignorarlo e starsene alla
larga? No, è utile, e questa è anche la mia posizione personale.
Anzi, si deve sporcare le mani, per capire ma anche indirizzare, per
conoscere, ma anche portare a suo vantaggio. Sennò a fare da
formatori ci saranno i software, le televisioni digitali, gli
strumenti stessi. Non nel senso che sparirà il docente, che ha
resistito anche all’e-learning che si trasforma continuamente, ma
nel senso che l’impostazione del nostro rapporto con i contenuti
(oggi sempre più digitali) sarà dettata da altri interessi.
Questo Piano, con le sue
soluzioni coordinate, sa di scuola dell’infanzia: gli atelier, gli
ambienti per la didattica digitale integrata sono tutte idee che non
prendono solo il nome, ma anche la ratio dai campi di esperienza:
spazi – ci auguriamo belli, interattivi, comodi – dove i ragazzi
che verranno possano fare esperienza di digitale ma anche di
manualità, di creatività, di scienze, di letteratura, sempre più
esperienziali e laboratoriali. Il fare, la collaborazione, la
costruzione, finanche la manualità trovano un nuovo significato
nell’era digitale: che non è solo virtualizzazione o simulazione,
ma che è toccare con mano gli oggetti e renderli vivi con meccaniche
e ragionamenti. Quest’anno osservate le vetrine e gli scaffali dei
regali di Natale: oltre alle costruzioni di vario genere, si
moltiplicano i kit per animarle. Un famoso gioco meccanico francese
della mia infanzia riporta sulla copertina: adatto per le discipline
STEM (scienze, tecnologie, matematica).
Chissà se Babbo Natale
penserà a Daniele e Veronica che, abbandonando il touch e la tv,
possano avere un Natale da maker e costruirsi il proprio giocattolo
(digitale).
Ecco la
scuola digitale per come è raccontata nel PNSD è proprio questo:
offrire a tutti una nuova idea più cre-attiva del digitale. Per
Daniele e per Veronica.
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