Genitori che sembrano fare quello
che vogliono, genitori che non rispettano gli orari, che sembrano non
interessarsi allo stato di salute del loro bambino e degli altri bambini del
nido o della scuola, che chiedono in relazione alle loro priorità senza
interrogarsi sul senso delle azioni che vengono compiute dalle educatrici, che
sembrano non vedere perché non domandano o che sembrano invadere spazi non
propri perché chiedono troppo.
Le famiglie appaiono diverse,
sono cambiate: a più riprese senti dire che certi atteggiamenti sono
peggiorati, che manca un’assoluta lettura di quello che è il valore della
esperienza che accade dentro il contesto educativo e che le famiglie chiedono e
basta pensando solo a se stesse, ai propri bisogni e alle proprie
caratteristiche di adulti. Ecco allora che sempre più spesso ci si chiede: “Come
facciamo a far arrivare un certo tipo di messaggio?”, “È giusto dire
sempre sì?”, “Il bambino con i suoi bisogni, in tutto questo, che fine
fa?”, “La mia professionalità che valore assume? Sento che viene svilita
nei suoi significati!”.
Le famiglie sono cambiate, ma
questo era ed è inevitabile: cambiano i contesti sociali ed economici, cambiano
le richieste prestazionali delle realtà in cui viviamo, mutano i ruoli assunti
da ciascuno nei contesti famigliari, noi stessi entriamo in contesti culturali
differenti che ci mettono in contatto con conoscenze altre rispetto a quelle
con cui siamo cresciuti… come potrebbero quindi le famiglie non modificarsi? E
pertanto, come potremmo noi continuare a svolgere il nostro lavoro senza tenere
conto della realtà che noi stessi contribuiamo a creare e senza costruire
dialoghi di senso con questa stessa realtà?
Per lunghi periodi le famiglie
sono state tenute fuori dai contesti educativi e il loro accesso veniva
formalizzato solo attraverso alcune occasioni specifiche. Per molto tempo chi
si occupa di educazione ha lamentato il disinteresse delle famiglie nei confronti
di quanto accade nei luoghi educativi di vita dei loro bambini. Poi un giorno
un genitore chiede perché abbiamo cambiato le foto dell’ingresso o come mai non
è ancora stato esposto il progetto educativo dell’anno, o ancora perché è così
importante portare i bambini in giardino anche a dicembre con il freddo. Allora
è lì che si apre un mondo, lì è lo scarto tra il cogliere in un quesito una
lamentela o un’occasione di approfondimento! Le famiglie chiedono per
comprendere, i genitori nutrono curiosità e bisogno di comprensione per quanto
accade nei contesti educativi, gli adulti di riferimento dei bambini che
frequentano le nostre scuole, nidi, spazi gioco ecc. domandano di divenire
parte attiva di un percorso e noi dovremmo essere altrettanto consapevoli che “la
partecipazione delle famiglie non è un elemento accessorio ma fondante nel
progetto di un servizio educativo” (A. Fortunati, a cura di, Il mestiere
dell’educare, Edizioni Junior, Bergamo, 1998). Ecco allora che forse non si
tratta tanto di genitori che non ascoltano, quanto di sostenere luoghi che
favoriscano ascolto reciproco, non si tratta di pensarla tutti allo stesso modo
ma di accogliere punti di vista diversi dal cui confronto possano generarsi
nuovi saperi e nuove opportunità educative per i servizi, le famiglie, le
équipe educative, le realtà sociali e territoriali e, quindi, i bambini! …Ma ne
riparleremo il prossimo mese!
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