Tania Pasquali
Insegnante e Coordinatrice
Scuola dell’Infanzia
Paritaria “Don G. Cordioli”
con Nido Integrato “Il
Girasole”
Rosegaferro (VR)
Osservando me stessa e gli adulti che educano, siano essi colleghe,
genitori, nonni, zii e baby sitter diventa facile riflettere sulle relazioni di
cura che tanto ci affanniamo a studiare per trasferire poi dalla teoria nella
pratica.
I bambini sono persone in divenire che si affidano agli adulti sicuri
che questi sapranno condurli per mano nel modo giusto. Non sanno qual è il modo
giusto, o meglio, credono che il modo giusto sia proprio quello lì: quello
usato dagli adulti di cui si fidano.
Ecco che allora sono portati a credere di aver commesso uno sbaglio
quando toccano la cornice d’argento sul comodino e vengono ripresi col famoso “Non
toccare”. Sono portati a credere che, dopo essersi bisticciati con l’amico
tanto da desiderare di non vederlo per i dieci minuti successivi, sia invece
giusto avvicinarsi per scusarsi e riappacificarsi, quando ancora nella pancia
le emozioni frullano. I bambini credono agli adulti, alle loro parole dette e
non dette, ai loro occhi e ai loro sguardi. Fino ad una certa età non mettono
in dubbio l’operato dell’adulto.
Premesso ciò, alle volte, i bambini non sanno di avere il diritto di
esprimersi e confidare all'adulto il perché di un dato comportamento, anzi,
alle volte non ne hanno nemmeno il tempo perché l’adulto anticipa ogni azione
cercando lui stesso un rimedio che non lascia spazio ad altre iniziative.
Quindi ci sono bambini che non
diranno mai.
Non diranno mai che vorrebbero poter utilizzare le mani per conoscere
il mondo, non diranno mai quanto gli oggetti, soprattutto se a portata di mano,
li invitino a toccarli e che l’intento non è quello di rovinare o rompere un
oggetto, ma di farne esperienza, per conoscerlo, per distinguerne le varie
caratteristiche, per aggiungerlo nelle categorie della propria mente.
Non diranno mai che anche le loro emozioni vanno rispettate tanto
quanto quelle dei grandi e di più, che anche (e soprattutto) le emozioni più
forti e difficili da gestire vanno riconosciute e accolte per poter essere comprese.
Non diranno mai che, al distacco al mattino, a scuola, faticano a
lasciare il genitore perché lo amano così tanto da desiderare sempre la sua
presenza.
Non diranno mai che giocare è per loro fonte di immensa ispirazione e
soddisfazione, che faticano a lasciare tale attività e che, ad esempio, il
supermercato il sabato pomeriggio risulta noioso se non addirittura faticoso
per via di quei continui “Non toccare”.
Non diranno mai che le attività per le quali gli adulti mostrano tanto
entusiasmo perché permettono loro di vedere un prodotto in realtà non gli
permettono di esprimersi: i lavoretti con pizzi e fiocchetti, le schede con le
cornicette in serie, il dipinto da riprodurre… non diranno mai che per i
bambini questo tempo è perso.
Non diranno mai che il videogioco che da la possibilità virtuale di
uccidere tutti è deleterio, è così accattivante che i bambini non hanno i mezzi
per rifiutarlo e difendersi da esso.
Non diranno mai che non dovrebbero conoscerla la violenza, né reale e
tantomeno virtuale: il conoscerla attraverso un videogioco, un cartone animato
o un programma tv fa abituare i bambini e abituarsi alla violenza significa
accettarla come una cosa “normale”: se la violenza, in qualsiasi forma, è
accettabile, tutti possiamo potenzialmente divenire violenti.
Non diranno mai che vorrebbero alimentarsi in modo da mantenersi in
salute perché essere ammalati è brutto, doloroso e noioso.
Non diranno mai “Non voglio la coca cola” se ogni giorno sentono
ripetersi che è una bevanda con la quale sono cresciute intere generazioni, che
aiuta a socializzare e a diventare amici, con un gusto unico al mondo.
Non diranno mai che vorrebbero crescere come persone consapevoli in
modo da essere in grado di poter scegliere anzichè subire delle decisioni.
Non diranno mai che vogliono un mondo bello, pulito e vivibile,
dovrebbe essere scontato… ma oggi non lo è più.
Non diranno mai che i capricci non esistono, che ciò che l’adulto
chiama capriccio è un comportamento che lui non capisce ma che ha la sua
spiegazione che può risiedere nella caratteristica di fase, in una situazione
vissuta, in un’emozione soffocata…
Non diranno mai che hanno bisogno di adulti empatici, adulti che
sappiano informarsi ma soprattutto che si sforzino di mettersi in ascolto
dell’altro in modo da lasciare che l’essere del bambino parli al loro essere.
Non diranno mai che noi adulti alle volte sbagliamo, no, non lo
credono nemmeno.
Non diranno mai che ci perdonano ogni volta senza nemmeno pensarci, ma
lo fanno ogni volta.
Ci sono davvero bambini che non diranno mai queste ed altre cose a noi
adulti, ma il mio augurio è che diventi sempre meno necessario che debbano
dircele e dovercele dire. Buon lavoro.
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