di Elisabetta
Marazzi
Come è possibile rispondere ai bisogni di tutti i bambini senza operare
distinzioni o preferenze? Quali sono le immagini o le documentazioni più
adeguate a descrivere le esperienze che bambini e adulti vivono all'interno dei
contesti educativi?
Come facciamo a tenere insieme tutti gli aspetti afferenti
il funzionamento di un nido o di una scuola dell’infanzia e, nel contempo,
rispettare i tempi dei bambini e quelli che le esperienze stesse richiedono?
Come si può far passare alle famiglie i messaggi e i significati del nostro
ruolo e dello specifico pedagogico del nostro servizio? Perché le famiglie
sembrano non ascoltare? Perché i bambini sembrano fare quello che vogliono? Perché
le colleghe non ascoltano o non comprendono il mio punto di vista? Queste sono
solo alcune delle domande che si pone chi lavora in ambito educativo… domande
sempre vive e interessanti e mai ripetitive o banali che, chi si occupa di
formazione, ha la fortuna di sentirsi rivolgere. Le domande hanno la grande
ricchezza di permettere continuamente la riflessività, hanno il pregio di
indicare che non siamo mai stanchi di cercare, hanno la grande risorsa di farci
ricordare che abbiamo sempre cose nuove da scoprire, conoscere e inventare,
permettono di rammentare che gli interrogativi – benché a prima vista possano
sembrare i medesimi – sono tra loro profondamente diversi poiché diverse sono
le persone, i contesti, le situazioni... la bellezza delle domande sta nell'essere continuamente nuove, mai noiose.
E poi
ci sono le risposte che non potranno mai essere uniche e assolute né o solo
giuste o solo sbagliate. Forse potranno essere metodologicamente corrette o
meno, ma contenutisticamente rivedibili sulla scorta dello specifico contesto
in cui vengono rintracciate.
È
muovendo da tutte queste considerazioni che abbiamo scelto di creare
un’occasione in cui alcuni quesiti che ci poniamo facendo e pensando educazione
possano trovare uno spazio di riflessione dando agli interrogativi tutta la
dignità formativa e autoformativa che spetta loro.
Dare
questa accezione autoformativa alle domande significa assumere responsabilmente
un ruolo attivo nella ricerca di soluzioni e strategie possibili, avere
l’occasione di rintracciare un luogo e un tempo protetti in cui interrogarsi
senza valutazioni rispetto alle risposte, sostenere in ciascuno di noi l’idea
di possibilità anziché di impossibilità, l’idea di opportunità anziché di
difficoltà e, non da ultimo, cercare di costruirsi un cammino che ci permetta
di essere diversamente autonomi (nel senso del fare e pensare con l’altro e non
da soli), facendo proprio il processo di elaborazione delle domande più che le
risposte.
È
attraverso le domande che è possibile stimolare i dialoghi e le riflessioni,
interrogare le proprie azioni, scelte e parole, accompagnare un processo di
pensiero, permettere all'educatore di non dimenticarsi del suo ruolo di
ricercatore.
Ripartiamo da
qui (e con questa rubrica) per affrontare le domande come opportunità di
esplorazione e crescita, con un nuovo anno educativo carico di questioni che ci
facciano ragionare!
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