Il concetto di
tempo, o meglio dei tempi, dei bambini nei servizi non è semplicemente
l’ossatura attraverso cui si snodano la progettazione, le attività, la
quotidianità del trascorrere delle ore e dei giorni: i tempi sono elemento
fondamentale che ci parla delle scelte e della visione di bambino non solo del
servizio ma dell’istituzione e della comunità stessa in cui esso è inserito.
Nei servizi si incontrano i tempi delle educatrici, delle famiglie e dei bambini,
e ognuno vive questo concetto dalla propria angolatura.
Il punto di vista dei servizi
Dal punto di vista
dell’educatore, il rispetto dei tempi del bambino equivale molto spesso al
saper aspettare, significa saper mettere da parte le proprie esigenze di
adulti, l’ansia di raggiungere obiettivi, completare programmi e progetti, per
dare spazio all'attesa, alla curiosità, all'indugio. Significa avere la
capacità di riconoscere al bambino la sua naturale lentezza, con le sue
necessarie ripetizioni spontanee, a cui non giova affatto l’incalzare di tappe
da raggiungere. I tempi dell’educare devono essere assolutamente in equilibrio
tra la permeabilità ai bisogni del bambino e la riconoscibilità del contesto.
Ma accade che sui
tempi dei bambini gravano le esigenze e le aspettative dei genitori e della
società che molto spesso all'opposto non possono o non vogliono attendere: c’è
la fretta che si rispecchia, nei “tempi di vita”, che troppo poco si conciliano
con i diritti dei bambini, e c’è la ricerca quasi affannosa della precocità,
del riuscire a far prima per guadagnare fasi e affermarsi rapidamente.
Il punto di vista delle famiglie
I tempi dei bambini,
dal punto di vista delle famiglie, nella società attuale sono trasformati in
corse tra un impegno e l’altro, in una staffetta dove non c’è spazio per
“perdere tempo” e attendere. Evitare che la fretta prenda il sopravvento,
ovvero consentire di lasciar maturare valorizzando le differenze individuali e
non inserendo il singolo in standardizzazioni di sviluppo, lasciare spazio ai
possibili, infiniti, percorsi di crescita, indirizzando le famiglie verso un
atteggiamento di ascolto e di consapevolezza: un lavoro educativo, che deve
orientare l’azione dell’adulto, di cui i servizi oggi devono farsi carico, per favorire
il riconoscimento del protagonismo dei bambini nei loro progressi.
Occorre però anche
dire che l’uso del tempo non sempre è una scelta, spesso è una conseguenza di
un’organizzazione che va al di là delle preferenze degli adulti, che devono
subire senza poter governare lo scorrere dei ritmi di vita famigliare.
L’attuale situazione socio-economica determina evidenti fragilità e instabilità
nella gestione dei tempi di vita familiari e lavorativi, con difficoltà nel
realizzare un equilibrio armonioso tra queste dimensioni, indispensabile per
costruire un senso di benessere e consentire alle famiglie di svolgere al
meglio il proprio compito educativo.
Dunque lo sforzo in
quanto adulti, e in modo particolare in quanto professionisti nel campo
educativo, deve essere quello di avere la capacità di riconoscere che oggi
riempiamo la vita dei bambini di impegni, trasformando il tempo in attività a
cui si aggiungono più avanti ancora, dalla scuola primaria in poi, l’incombenza
quotidiana di compiti, elaborati ed esercitazioni.
E
così facendo non ci accorgiamo che stiamo uccidendo il loro diritto al tempo.
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