di Elisabetta Marazzi
Perché è importante costruire
luoghi e occasioni di ascolto e confronto reciproco in un dialogo costante tra
servizi e famiglie?
Pensiamo a quanto accaduto
nel tempo: le famiglie, rispetto al passato, si trovano a vivere il proprio
ruolo genitoriale in un differente isolamento, sovente si percepiscono come non
adeguate rispetto alle loro competenze e vivono in una realtà di
domanda-risposta che non prevede il tempo dell’attesa né il tempo dell’errore o
del tentativo ragionato. Tutto questo rimanda a uno spazio in cui l’ascolto dei
pensieri e dei bisogni del singolo perdono di valore, mentre ne acquistano
ricette e soluzioni che possano essere valide per tutti, anche se ciascun
soggetto e ciascuna storia sono irripetibili. Di fatto i luoghi attuali di vita
delle famiglie sono culturalmente in cambiamento e prevedono una molteplicità
di saperi che si incontra e scontra senza, spesso, dare vita a nuove conoscenze.
“Parlare di famiglie oggi significa parlare di un oggetto multiforme e
articolato, che rimanda a sistemi di relazioni che si originano, si mantengono
e/o cambiano attraverso processi la cui natura è al tempo stesso interpersonale
e sociale” (M. Guerra e E. Luciano, La relazione con le famiglie nei
servizi educativi e nelle scuole per l’infanzia, Edizioni Junior, Azzano S.
Paolo BG, 2009). Si tratta pertanto di ricominciare a conoscersi
vicendevolmente senza darsi per scontati e assumendo la posizione per cui
l’incontro con un altro non è fattibile senza una sana curiosità dettata da
reale interessamento. Le famiglie non sono “le famiglie” e basta, ma sono le
singole famiglie dotate di caratteristiche uniche, hanno storie e valori che,
se non divengono oggetto di domande, rischiano di cadere nell’ignoto; hanno
quesiti da rilanciare che, se non agevolati nell’essere posti, corrono il
rischio di andare perduti. Nello stesso modo le realtà educative sono uniche e
specifiche e non necessariamente possono essere lette nella loro interezza
dalle famiglie: i servizi educativi devono raccontarsi affinché la loro
complessità e i significati attraverso i quali lavorano possano essere
effettivamente colti.
Fare proprie alcune delle
regole dell’arte di ascoltare di Marianella Scalvi può aiutarci ad affrontare e
progettare questo percorso di conoscenza e riconoscimento reciproci: “Non
avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più
effimera della ricerca” e “Se vuoi comprendere quel che un altro sta
dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a capire come e
perché” (M. Sclavi, Arte di ascoltare e mondi possibili, Mondadori,
Milano, 2003). Tali regole rappresentano un modo di pensare e di stare
all’interno della relazione con le famiglie che viene scelto consapevolmente
dai professionisti dell’educazione e che può favorire la reale costruzione di
una partnership tra le due agenzie formative per eccellenza. Altrettanto tale
atteggiamento può consentire la realizzazione di realtà educative capaci di
influenzare e lavorare sul contesto sociale in cui le agenzie stesse vivono: la
progettazione del dialogo tra nido, scuola e famiglia può favorire l’incontro
dei punti di vista divergenti permettendo alle differenze di generare occasioni
di riflessione e di divenire risorsa e occasione di apprendimento e cambiamento
per tutti.
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