martedì 6 dicembre 2011

Gli anni di lotta delle donne per i nidi

Anche Ferrara ricorda, con diverse iniziative, il 40° della legge 1044 del 2 dicembre1971, la prima ed unica Legge sull’istituzione dei Nidi Pubblici nell’ambito delle manifestazioni regionali e nazionali . Come persona che ha diretto per diversi anni tutti i servizi rivolti all’infanzia, sinceramente spero e  mi auguro, che davvero non  si dimentichino le grandi lotte fatte dalle donne, in particolare  dall’UDI, per ottenere questi servizi di grande valore sociale, riproponendo a gran forza di non disperdere  il patrimonio di esperienze educative che hanno portato  il Nido a livelli di altissima qualità sul piano non solo della cura dei bambini e delle bambine, ma del loro apprendimento e della loro formazione. Da una ricerca  che sto conducendo  appunto sulla nascita e lo sviluppo dei servizi educativi a Ferrara,  emerge  quanto difficile e insidioso sia stato il cammino percorso  dai movimenti femminili  , in particolare a partire dal 1960 con la richiesta di scioglimento dell’ONMI (opera nazionale maternità e infanzia, di istituzione fascista).
Si parte con la richiesta di “civiltà” nelle campagne, ad un vera e propria proposta di  Piano per i Nidi, considerati un traguardo essenziale per una città a dimensione dell’uomo ! Questo e altro  riportano i tanti documenti ritrovati… I Nidi dovevano entrare nella programmazione economica  del Paese e dal 1969 in poi anche gli Amministratori Comunali sono sul fronte di lotta sui Nidi,  mentre le donne aprono la vertenza nazionale  per i servizi sociali alla prima infanzia. In tante  città  le lavoratrici sono in piazza, sottoscrivono  petizioni, decine di delegazioni si presentano  ai Presidenti di Regioni, alle diverse Commissioni Parlamentari.  Il 2 dicembre 1971 la Commissione Interni del Senato approva all’unanimità il Piano Nidi e compare sulla Gazzetta Ufficiale del 15 dicembre 1971 n.316  la Legge n.1044 -Piano quinquennale per l’istituzione si asili nido comunali con il concorso dello Stato” la legge è firmata da Saragat Colombo-Mariotti-Ferrari Aggradi  Donat Cattin – Giolitti.
Oggi, a distanza di 40 anni il clima è davvero pesante : siamo sul punto di pensare  addirittura  di chiuderli…la stretta economica è  pressante .
L’unico problema che da tempo ci sentiamo ripetere è quello dei costi troppo elevati di questi servizi, che forse nasconde  anche una voluta miopia sulla visione d’insieme, sul valore aggiunto che rappresenta l’educazione. I Nidi sono, come sostiene  F. De Bartolomeis , riconosciuto come uno dei più grandi  pedagogisti italiani della seconda metà del ‘900 (tuttora attivo), “…luoghi di esperienze culturali in senso largo… riguardano sviluppo non solo di conoscenze, ma di relazioni socio-affettive, di capacità produttive … E’ questo che fa vivere l’educazione come scoperta, avventura, progresso nelle novità”.
Per questo difendo apertamente i servizi educativi e i Nidi: sono un vero investimento sociale sul benessere  delle nuove generazioni! D’altra parte  le neuroscienze lo hanno provato: mantenere un sistema di servizi di qualità per la prima infanzia è ormai dimostrato essere un vero  e proprio investimento culturale e di progresso sociale.
Si tratta , quindi,  di scelte politiche precise, di difesa dei diritti dei minori.
Sul “che fare”,  Lorenzo Campioni Presidente del Gruppo Nazionale Nidi (del cui Direttivo faccio parte) ha presentato  anche a Torino, su invito, in occasione della1^Conferenza Nazionale del PD alcune indicazioni concrete da attivarsi da parte di un nuovo Governo  :
- Che si  tolgano  i servizi educativi e le scuole dell’infanzia dal patto di stabilità per permettere la crescita dei servizi e la generalizzazione dell’accesso alle scuole dell’infanzia;
- che  si faccia chiarezza se solo i nidi sono servizi fondamentali o anche ne facciano parte tutti gli altri servizi integrativi, così come definiti dal Nomenclatore interregionale degli interventi e dei servizi sociali del 2009;
- che finalmente si  prevedano, con legge, i livelli essenziali quali-quantitativi per lo 0-6 , che, in accordo con le Regioni e le Province autonome e in attesa di un compiuto federalismo, vari un nuovo piano straordinario per l’estensione e la gestione dei servizi 0-3 anni, si ritorni a richiedere alle Regioni piani di sviluppo, quale condizione per ottenere fondi statali e questo per incentivare tutte le Regioni a interessarsi di infanzia.
Per una reale governance ai vari livelli lo Stato, le Regioni e le Amministrazioni comunali devono fare la loro parte, in un’ottica di leale collaborazione:
-  che lo Stato approvi  una legge sullo 0-6 che definisca le norme generali, finanzi i livelli essenziali, anche prevedendo delle gradualità, persegua il superamento dei dislivelli attuali tra Regioni (art. 119 fondi perequativi e interventi speciali), riveda i criteri di ripartizione delle risorse anche all’interno dell’intera area sociale e si punti su politiche attive per l’infanzia, come ci chiede la Commissione europea nella Comunicazione del 17 febbraio scorso;
-  che le Regioni si dotino di leggi idonee e di piani triennali e annuali per una governance regionale. Non è più sopportabile che alcune  Regioni  abbiano leggi dei primi anni ’70, incapaci di essere strumenti di governo della pluralità di soggetti, pubblici e privati, e delle numerose tipologie attuali di servizi per bambini in età 0-3 anni e di questo  se ne  deve chiedere conto agli i Amministratori;
-  che le Amministrazioni comunali, oltre alla gestione, abbiano realmente  il compito di essere garanti della quantità e qualità dei servizi sul loro territorio soprattutto tramite l’autorizzazione al funzionamento, l’accreditamento e il coordinamento pedagogico. Vanno denunciate le connivenze con servizi per l’infanzia di tipo assistenziale, che per  carenza di verifiche e controlli del pubblico, che viene meno, in tale modo, a un suo specifico compito istituzionale di difesa dell’infanzia.
Si tratta di avere amministratori locali e di tecnici capaci e competenti che sappiano non solo gestire, ma valutare e avere rapporti con il privato per stimolarlo verso forme più evolute di servizi educativi rispettosi dei diritti dei bambini, del personale e dei genitori. Una nuova generazione che superi gli steccati di campanile e sappia rapportarsi con le altre comunità vicine per mettere insieme risorse e servizi, per potenziarne l’accesso e la qualità formativa iniziando dai cittadini più piccoli.
Che fare  subito?
Partendo dalla situazione finanziaria che non ci concede grandi speranze, in attesa di una legge di settore che indichi i livelli essenziali e dell’attuazione della legge sul federalismo, il Presidente del Gruppo Nazionale Nidi avanza  due proposte:
1.a) non si costruiscano più nuovi nidi, occupando il territorio,  approfittando di dismissioni di scuole, che  soprattutto al Sud, in seguito al calo demografico e alla disgraziata riforma Tremonti-Gelmini , avrà come effetto di liberare, tra il 2012 e 2013, numerosi spazi-classe e stabili per effetto degli accorpamenti di scuole, soprattutto nei Comuni medio-piccoli. Non siano lasciati stabili abbandonati o dati in mano alla speculazione ma finalizzati, con una programmazione responsabile, a servizi per l’infanzia e a creare spazi laboratoriali di incontro per le nuove generazioni.
Così si potranno avere tre benefici contemporaneamente: si qualificheranno gli stabili del patrimonio pubblico; si potrà  spenderei meno per l’estensione di questi servizi e in tempi non biblici come per una costruzione nuova; si potrà  puntare su poli per l’infanzia per abbattere le spese di gestione.
2.a) si dirottino  invece i pochi fondi a disposizione per sostenere la gestione: oggi è il vero tallone di Achille che rischia di fare sparire i servizi a gestione diretta e fare implodere il sistema creato in quarant’anni di lotte, di sacrifici, di investimento di idee e di persone per migliorare il sistema complessivo dell’offerta.
Ma dove prendere le risorse a livello locale e con le norme attuali?
I Comuni che si lamentano, giustamente, della carenza di risorse e faranno sempre più difficoltà a chiudere i bilanci hanno già a loro disposizione alcuni strumenti che possono essere utilizzati.
A) La legge prevede che si possano stipulare accordi con l’Agenzia delle entrate per il recupero dell’evasione e i fondi recuperati (vedi Decreto n. 98/2011) rimarranno al 100% ai Comuni
Perché i Comuni non procedono in questo senso, attivando i consigli tributari entro il 31 dicembre 2011 e facendo segnalazioni qualificate alla Agenzia delle entrate ?
Qui si potrà vedere se gli Amministratori tengono di più ai servizi o se tutti coloro che si lamentano dell’evasione sanno poi mettere in atto meccanismi virtuosi di recupero e di educazione civica alla corresponsabilità dei cittadini , per sostenere i servizi della collettività, creare comunità coese e che siano preoccupate dell’attuazione dei diritti dei cittadini più piccoli e di chi, soprattutto, parte svantaggiato.
B) Potranno dare un salvagente temporaneo anche le tasse di scopo per il conto capitale in attesa di reintroduzione di imposte di tipo permanente e liberare risorse per la gestione, il vero problema incombente sulle Amministrazioni comunali.
C) L’uso degli oneri di urbanizzazione da utilizzare per la gestione anche se con molta prudenza per non invadere il territorio e creare dei problemi alle generazioni future.
D) La reintroduzione, come sembra, dalle dichiarazioni dei nuovi governanti, dell’ICI o dell’IMU (imposta municipale già adombrata da Tremonti) per i proprietari di immobili e la relativa revisione catastale; e della possibilità di un aumento dell’addizionale comunale sull’IRPEF potrà dare garanzie più solide di gestione diretta e indiretta di questi servizi.
Senza questi ultimi interventi non avranno vita lunga i servizi educativi e se oggi molte Amministrazioni fanno la scelta di esternalizzare i servizi educativi per risparmiare, ben presto, se continueranno questa crisi e la diminuzione di trasferimenti dallo Stato e dalle Regioni, non avranno più le risorse neppure per le esternalizzazioni.
I servizi devono recuperare la capacità di parlare a tutta la comunità e di essere dei veri punti di riferimento per tutti i genitori che hanno bambini piccoli.
Agli amministratori incombe l’obbligo di fare sentire la voce dei cittadini più piccoli ai tavoli dove si prenderanno decisioni che attraversano la vita delle nuove generazioni.
Vorrei chiedere a tutti una  riflessione  sulle proposte fatte, che condivido e porto avanti,  perchè questo, come tutti i temi che toccano l’educazione dei minori dai servizi per la prima infanzia , alla scuola , torni ad essere al centro delle politiche locali e nazionali con il contributo partecipativo di chi riconosce il diritto alle future generazioni ad avere una vita dignitosa, libera e giusta.  .
Un abbraccio a tutti bambini alle bambine, ai loro genitori e agli educatori che so essere in questo momento in una situazione  davvero difficile, fragile e precaria.
Non ci possiamo permettere di perdere altro tempo.  Augurissimi a tutti.
Loredana Bondi

Nessun commento:

Posta un commento