lunedì 25 giugno 2012

E’ NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA DI QUALITA’ IL BUON CITTADINO DEL FUTURO

Documento a cura del Coordinamento Nazionale per le Politiche dell’Infanzia e della sua Scuola * sulla identità della scuola dell’infanzia

Il Coordinamento Nazionale  per  le Politiche dell’Infanzia e della sua Scuola intende intervenire nel  dibattito che sembra riprendere piede, da qualche mese, sulla sostenibilità educativa e sociale della scuola dell’infanzia di durata triennale, nell’ambito di una  eventuale  revisione complessiva del corso di studi  volta a correggere l’anomalia tutta italiana  della sua conclusione a diciannove  anni, invece che a diciotto, come nella maggioranza dei Paesi Europei.  

Se non viene attivata una riflessione complessiva sul carattere sistemico del percorso scolastico, dei suoi snodi e degli elementi sia di continuità che di discontinuità in rapporto alle fasi dello sviluppo intellettivo psicologico e relazionale dei soggetti in formazione, si mette in discussione l’unitarietà di un percorso formativo  sottraendogli un anno.

Questo danneggerebbe  a nostro avviso,  in modo irreparabile la scuola dell’infanzia  e lo sviluppo complessivo di ciascun individuo,  con conseguenze ben più gravi  di quelle che si vorrebbe combattere, e  per diverse ragioni.


Nel corso degli anni più volte è stato sostenuto e ribadito il carattere formativo della scuola dell’infanzia, sia  nella pratica educativa che nei documenti ufficiali; la struttura del suo curricolo specifico garantisce la continuità tra i diversi percorsi scolastici ed al contempo  la differenzia in modo sostanziale dal nido e dalla scuola primaria.

 Questo carattere specifico è stato definito e  rafforzato  prima negli Orientamenti del 1991, attraverso l’individuazione di sei campi di esperienza, il riconoscimento di  sperimentate strategie  educative, la valorizzazione di metodi  strutturati intorno alla centralità della  persona, il valore della  professionalità docente.

Successivamente le Indicazioni per il Curricolo del 2007, hanno collocato, a conclusione di ciascuno dei cinque campi di esperienza, precisi traguardi di sviluppo che orientano docenti e bambini, nel perseguimento di competenze. Tali traguardi non vanno intesi come mete da raggiungere, ma come percorsi di sviluppo da realizzare, differenziati quindi da competenze pre-disciplinari o anticipatrici di quelle maturabili nella scuola primaria.

Dunque la scuola dell’infanzia ha un suo curricolo individuato e specifico, che non si sostanzia in una “cura” generica, né semplicemente in una serie di pre-requisiti da raggiungere per un buon inserimento nella scuola primaria.

Un curricolo specifico che si sostanzia e si traduce invece,  in attività di sezione, di intersezione, di laboratori o ateliers, in apprendimenti motivanti, capaci di  accompagnare gli interessi e la curiosità infantile in un percorso unitario che tiene conto di affettività e apprendimento, attraverso una professione docente che ha conquistato sul campo una propria specifica  e straordinaria connotazione.

Sottrarre in maniera semplicistica un anno alla scuola dell’infanzia significherebbe, a nostro parere, trascinarla o verso la dimensione del nido,  o verso la dimensione della scuola primaria. Forse, ci domandiamo, questo continuo sospingere la scuola dell’infanzia in posizioni di arretramento  o funzionalistiche  a seconda delle opportunità dipende dal retaggio della legge 444 del 1968, laddove dichiarava:

” la scuola materna ha finalità di assistenza …ed è preparatoria alla scuola dell’obbligo”

Sono passati più di  quaranta anni, non ci sono stati nuovi Ordinamenti che abbiano sostituito questa vecchia legge. Non vorremmo che questa proposta venisse accolta, perché ci sembrerebbe far regredire la scuola dell’infanzia ad una scuola di assistenza e parcheggio o spingerla verso  una scuola pre - elementare.

Le Indicazioni per il Curricolo proposte nel 2007, sottolineano la continuità di un percorso che affonda le proprie radici proprio nel patrimonio culturale della scuola dell’infanzia, individuano specifici traguardi di  sviluppo delle competenze posti al termine dei più significativi snodi del percorso curricolare  dai tre ai quattordici anni, ma persistono nelle ambiguità relative al ruolo svolto dalla scuola dell’infanzia all’interno del sistema scolastico. La generalizzazione del modello dell’istituto comprensivo, che rappresenta la forma  organizzativa maggiormente coerente  con un impostazione verticale e coordinata del curricolo, propone  un’ulteriore riflessione su tale esperienza con lo scopo prioritario di promuovere uno sviluppo curricolare integrato e progressivo, in cui venga valorizzato, in tutte le sue potenzialità,  il periodo di frequenza della scuola dell’infanzia.

Non si può inoltre ignorare  che la più  avanzata ricerca richiama tra gli strumenti capaci di garantire un approccio positivo  alle competenze di cittadinanza proprio il superamento tra le cesure rilevabili nei passaggi dalla cura all'istruzione e da un livello all' altro di quest'ultima.

Non può  essere infine casuale il successo formativo degli studenti di quei Paesi europei dove gli stili pedagogici della scuola dell' infanzia contaminano gli altri ordini di scuola ed in cui la sua frequenza è obbligatoria.

Ci rifiutiamo di pensare  che la soluzione  proposta derivi da una ipotetica facilità  di impatto su una massa di operatori del settore,  che si ritiene connotata da minor prestigio   rispetto a quella impegnata in altri segmenti scolastici.

 Non si può, inoltre, privilegiare tale soluzione per la sua semplicità:   intervenire su un segmento debole del sistema dell’istruzione, perché non parte attiva ed integrante del primo ciclo, perché sempre sospesa tra l’apprezzamento delle famiglie e l’attesa di un pieno riconoscimento a cui la mancata generalizzazione, pur  sancita dal decreto 59/2004, non ha dato risposte adeguate, ed a cui neanche l’adveniente  verticalizzazione forzata saprà porre rimedio, non è corretto!


Reputiamo che il dibattito non debba essere relegato ad ambiti ristretti per addetti ai lavori. La fruibilità di percorsi di istruzione in età precoce è  garanzia di stili di apprendimento per il long life learning, la diffusione di scuole  dell’infanzia e di servizi educativi per l’infanzia costituisce uno degli strumenti più potenti per il rilancio della produttività del Paese: crea   in automatico  opportunità di lavoro e garantisce ai genitori la serenità di saper affidata a strutture di qualità la crescita dei figli.
Per queste ragioni, a cui si aggiunge l’esigenza di  coinvolgere nella determinazione delle politiche educative la società nel suo insieme, reputiamo che una riflessione compiuta vada  condotta in modo franco ed aperto con il contributo di diversi interlocutori sociali a partire dalle famiglie. 

Rivedere l’intero assetto degli studi comporta una revisione anche dei rapporti correnti tra i diversi ordini e gradi dell’istruzione, necessita di un piano di contaminazione delle pratiche pedagogiche e didattiche, orienta a scelte non sempre facili,  rimanda al rispetto di fabbisogni  che acquistano nuovi valori e principi già alla luce dei dati che pongono nel nostro paese un bambino su quattro a rischio di povertà.

Come ha già  ricordato l’OCSE nel 2006  “Gli studi condotti in una vasta gamma di paesi mostrano che l’intervento precoce contribuisce in maniera significativa a mettere i bambini di famiglie a basso reddito sulla via dello sviluppo e del successo scolastico” mentre James Heckman, Nobel per l’economia nel 2000, ritiene che per ogni euro investito sulla prima infanzia si abbia un rendimento minimo di 5,70 euro, che può arrivare anche a 12 euro.

Sulla opportunità di sostenere  la scuola  dell’infanzia con interventi che ne valorizzino l'esperienza ci piace richiamare un’ affermazione che, poco prima di essere nominato sottosegretario all’istruzione il professor  Marco Rossi Doria  ha  presentato, in un convegno organizzato da UNICEF ITALIA: “Tra le misure capaci di contrastare l’impoverimento infantile  occorre sostenere le scuole dell’infanzia, dando loro più tempo per la progettazione e per l’alleanza con le famiglie e sviluppando azioni particolarmente promettenti quali mense comunitarie e psicomotricità;  occorre creare zone di educazione prioritaria lì dove si concentra la dispersione scolastica: privilegiare la conquista precoce delle competenze di base linguistiche, matematiche e scientifiche dando più tempo dedicato a chi ne ha più bisogno, sviluppare gli asili nido e il sostegno alla genitorialità durante la prima infanzia”.

Una riflessione che condividiamo e che auspichiamo possa trasformarsi in atti concreti .


·        Il Coordinamento, è stato costituito dai rappresentanti per la scuola dell’infanzia delle quattro maggiori organizzazioni sindacali, CISL Scuola, FLC-CGIL, Snals-Confsal,UIL Scuola e  dalle cinque storiche associazioni professionali della scuola, AIMC, ANDIS, CIDI, FNISM, MCE.

E’ contattabile presso coord.infanzia@gmail.com

1 commento:

  1. Come mai non viene data importanza asi l numero dibambini per sezione? Da un lato vengono riconosciuti alla scuola dell'infanzia una sua identità e un proprio valore , dall'altra continua ad essere trattata da più parti(non solo dalle famiglie ma anche dai vari governi che si sono succeduti fino ad oggi),come un mero contenitore assistenziale.Perchè non si tiene conto della necessità del rapporto
    numerico adulto-bambini data la loro età ?Di quale qualità si può parlare e di quali pre-requisiti quando un solo insegnante deve stare più attento all'incolumità di 26/28 bambini di che al loro successo scolastico?
    tra anni

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