mercoledì 11 dicembre 2013

A proposito di...
Il viaggio

Bambini, novembre 2013

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Antonella Panchetti, tutor Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria, Università di Firenze e insegnante di scuola dell'infanzia presso I.C. di Vinci, Firenze.

Viaggiare nella scuola dell'infanzia….“ Quanto più incerte sono le carte della rotta tanto più sarebbe indispensabile avere una bussola sicura” ; oggi navigare nelle acque dell'Istituzione scolastica significa sperimentare l'incertezza della rotta

L'incertezza più eclatante deriva dal continuo mutare delle Indicazioni Nazionali che di fatto impediscono di attuare una riforma della scuola che sia tale. Le continue sollecitazioni di una nuova didattica, come anche le specifiche indicazioni che provengono dal corpo docente, vengono per lo più ignorate in quanto, i Dirigenti Scolastici preferiscono “riadattare” di anno in anno, dando incarico a poche persone, il POF: gli ultimi “ venti di riforma ” sfiorano appena le insegnanti e le loro proposte innovative nei processi di insegnamento-apprendimento.


Questo processo organizzativo limitato incide poi anche sulle famiglie e sullo stesso corpo docente. Le prime, sentendosi abbandonate, spesso ricercano nel web, o semplicemente “altrove”, le risposte ai loro sentieri esistenziali di coppia e di genitori, quindi rischiano di uscire dal processo formativo interattivo “scuola-famiglia”. Il “ corpo degli insegnanti ” poi, in particolar modo “quelli” della scuola dell'infanzia, sono costretti dall'incertezza a navigare a vista e sentirsi come coloro che camminano sulle sabbie mobili, soprattutto perché la realtà delle “sezioni” è complessa come del resto lo è la realtà sociale. In particolar modo in questo momento storico si registrano molti casi di bambini in difficoltà e le insegnanti, sempre più spesso, colgono segnali preoccupanti di disturbi nei processi di crescita dei bambini, atteggiamenti di aggressività sproporzionati, irrequietezza, fragilità emotiva e quant'altro ancora.

Forse sono proprio questi indicatori che danno all'insegnante senso di impotenza e accrescono la fatica del suo lavoro spingendolo, talvolta, ad irrigidirsi e a chiudersi nel microcosmo della propria aula. Questa condizione frustrante limita, fra l'altro l'agire dell'insegnante che, per sopravvivere, riconduce l'azione e il proprio intervento ai contenuti dei campi di esperienza o “disciplinari” (come si dice ora con il “curricolo verticale”), lasciando l'azione educativa di condivisione di significati, di costruzione di una comunità, sempre più debole, sullo sfondo….
In tal senso il processo formativo globale della personalità dell'alunno diventa sempre più attento della sfera cognitiva e per lo più si preferisce quindi delegare ad altre figure la soluzione delle problematicità, come i pediatri, gli psicologi e i neuropsichiatri infantili, de-responsabilizzando i veri attori, deputati alla formazione, dalla competenza educativa. Ma un comportamento inadeguato di un bambino da 0 a 6 anni non è una malattia e le parole sono come i colori, hanno le sfumature e occorrerebbe aver cura delle “locuzioni” che si usano soprattutto quando sono riferite ai bambini in difficoltà, poiché hanno la capacità di modificare i contesti. ( A tal proposito suggerisco la visione di https://facebook.com/ilpiantodellespighedigrano ). Occorre tener presente che ciascun insegnante di sezione (e mi riferisco anche all'insegnante di sostegno) deve saper assumere all'interno del suo ruolo una propria identità e specificità volta all'inclusività, senza confondere comportamenti e professionalità negli incontri dei Consigli di sezione e di intersezione o con l'équipe di neuropsichiatria (dove spesso capita che gli insegnanti chiedono “indicazioni educative e didattiche” e manifestano “subordinazione” rispetto alla classe medica e un'identità professionale che mostrano di non padroneggiare), oppure con i mediatori culturali per gli alunni stranieri, con i Servizi Sociali, o con le famiglie in cui i giudizi e i pregiudizi rischiano di oscurare anziché illuminare la via da percorrere. Questo significa che è indispensabile che gli in segnanti di sezione e di sostegno collaborino tra di loro e si interroghino su come e quanto coinvolgere tutto il gruppo sezione, o piccoli gruppi di bambini nelle varie attività quotidiane nel viaggio di avvicinamento ai bambini più in difficoltà: viaggio che è tutto da costruire e sta agli insegnanti (presenti per tante ore al giorno) cercare i sentieri più adatti.

In questo senso l'accoglienza diventa un'attività che si costruisce giorno dopo giorno, ora dopo ora, perché in ogni attività fatta a scuola, e mi riferisco anche alle routine, c'è un inizio, uno sviluppo e una fine a cui prestare attenzione.

Ciascuna scuola dell'infanzia è un luogo vissuto, abitato, storico, dotato di significato per tutti coloro che quotidianamente vi si trovano ad interagire. I bambini e gli insegnanti con il tempo costruiscono una cultura comune fatta di azioni, relazioni e valori che ha profondi effetti sulla comunità educativa e quindi sul “gruppo sezione” e sugli stessi bambini coinvolti nelle dinamiche educative. E di questo le insegnanti sono consapevoli.

Per le insegnanti è dunque il tempo di riprendere in mano la bussola e riorientare l'azione.
La loro stella Polare è la persona da educare per una crescita integrale: all'aver cura di “sé” e dell'”altro”.
Educare significa anche offrire quelle esperienze che incidono profondamente sulla “persona” (cognitive, affettive, etiche, estetiche…) tali da mettere in condizione il bambino di disegnare il proprio sentiero: “…per consolidare l'identità, sviluppare l' autonomia, di acquisizione di competenze vivendo le prime esperienze di cittadinanza”. Ecco che le metafore e i significati attraversati dai bambini con attività artistico–espressive offrono innumerevoli elementi di scoperta. 

Tutto ciò può apparire ovvio, ma non lo è e ciò si nota proprio osservando le cose essenziali, quelle che nella scuola dell'infanzia vengono considerate scontate.

In educazione e a scuola non conta riempirsi la bocca del termine “persona”, occorre piuttosto predisporre processi e contesti, nonché attivare comportamenti, atteggiamenti, relazioni, stili di vita che esprimano, fuori da ridondanze enfatiche, l'appassionata e concreta dedizione al “bene integrale” dell'alunno

Su questo obiettivo e non su altri vanno indirizzate le migliori risorse d'intelligenza e di cuore di maestri e maestre.

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