di Daniele Barca
Dirigente scolastico, Istituto Comprensivo di Cadeo e Pontenure (Pc)
L’anno (scolastico) che verrà sarà
ricordato per essere quello della legge 107/2015, meglio nota come la “Buona
scuola”. Per quanto la scuola dell’infanzia non venga toccata direttamente dal
provvedimento, credo che vi siano almeno un paio di buone occasioni da
cogliere.
Parlo della messa a sistema – con la triennalizzazione – dell’offerta
formativa e della centralità del rapporto di autovalutazione. Per quanto
riguarda la prima, calcolando anche il crescente numero di istituti
comprensivi, forse sarà l’occasione per dare vera centralità alla scuola
dell’infanzia nell’assetto complessivo di ogni istituzione scolastica. Non
sempre accade, ma l’essere “separati in casa” non giova non solo alla progettualità
dell’infanzia, ma anche e soprattutto a quella dell’intera scuola. Costrui
re curricola verticali veri, non solo sulla carta o nelle
intenzioni, realizzare
attività reali di continuità, aprire la formazione interna a tutti gli ordini
di scuola, aiuta a evitare fenomeni sempre più diffusi per cui la famiglia alla
scuola dell’infanzia cerca la maestra “mamma”, accogliente e premurosa, mentre
alla primaria vuole assicurarsi la maestra di polso, che “sa tenere” la classe, come fosse un
puledro impazzito; per cui si programmano insieme attività ma vi è difficoltà
nello scambiare i ruoli e i gruppi classe; per cui l’inglese, che in forme
ludiche può essere introdotto efficacemente sin dai 3/4 anni, non può essere
sperimentato da un gruppo di docenti, dall’infanzia alle medie, che studia le
forme e le modalità migliori per proporlo nelle classi, ognuno con le proprie
competenze, di animazione o linguistiche, formandosi e autoformandosi sulla
pratica didattica.
Ecco, l’augurio è che nei piani
triennali delle vostre scuole l’infanzia non sia un capitolo separato ma parte
vera di un processo autentico. In modo che anche l’investimento di risorse
finanziarie, umane, strumentali sia commisurato a un ruolo diverso
nell’economia gestionale della scuola. Così anche speriamo che gli obiettivi di
miglioramento presenti nei rapporti di autovalutazione tengano presenti le
esigenze dell’infanzia, che non riguardano solo acquisti e risorse, ma
soprattutto concepire il bambino come un unicum in evoluzione che può essere sempre potenziato. Un
accento forte nel RAV (Rapporto di Autovalutazione) è dato dagli esiti Invalsi.
Beh, io credo davvero che l’abitudine al ragionamento, al
pensiero matematico, alla logica possa nascere nelle aule d’infanzia. Ci credo
così tanto da sospettare che in qualche classe iniziale della primaria,
l’attaccamento al libro, ai “bei” quaderni compilati (ma in questo siamo
colpevoli anche noi genitori e i confronti da bar fuori dalla scuola), sia un
freno allo sviluppo del pensiero logico; così anche come la sottovalutazione
nelle stesse classi del ruolo della matematica e delle scienze, “ancillae
litterarum” (nel senso dell’imparare a leggere e scrivere). La speranza è che
la scuola dell’infanzia sappia raccontarsi in maniera più sistematica, non come
giardino recintato, chiuso, ma come inizio di un percorso – ci auguriamo per i
nostri figli – ventennale. E che il resto dell’istituzione scolastica sappia riconoscere il ruolo centrale di quest’età nello
sviluppo di vere competenze per il futuro.
Nessun commento:
Posta un commento