lunedì 1 febbraio 2016

Pensieri in libertà - Gennaio 2016. ZEROSEI

di Daniele Barca

Leggo su un quotidiano della Capitale che il Comune pian piano lascerà la gestione dei nidi a privati e delle scuole dell’infanzia allo Stato. 


È un segno dei tempi, la fine (o l’evoluzione?) di numerose esperienze 0-6 che molti Comuni avevano iniziato negli anni Settanta per andare incontro alle esigenze crescenti delle comunità e delle famiglie – sempre più impegnate e più lavoratrici – prima dell’inizio dell’obbligo scolastico. La parola magica è servizi integrati, che non è una parolaccia. Non credo che tutto sia dovuto a tutti e nemmeno che si possano mettere sullo stesso piano condizioni di necessità diverse. Non credo che la scuola 0-6 debba rispondere a una necessità; così come non credo che gli ISEE (strumento necessario ma non dirimente) siano le tavole della legge. Chi conosce le realtà, piccole o grandi che siano, sa che si perpetuano ingiustizie significative di trattamento.
Credo però nella partecipazione del singolo e della collettività alla gestione della cosa pubblica. Molti pensano che lo Stato debba dare tutto, soprattutto nell'istruzione. Si sottovaluta che l’idea di Stato-Mamma non regge, non tanto e non solo in termini di sostenibilità economica, quanto di responsabilizzazione del cittadino e della comunità dei cittadini. Le esigenze sono mutate profondamente e sono davvero convinto che una scuola pubblica più ricca sia una scuola dove ognuno fa la sua parte.

Ma lasciamo stare questo preambolo che ci porterebbe lontano: davvero l’obiettivo 0-6, cioè il ciclo preobbligo è così lontano in Italia dall'avere una sua unitarietà? La Buona Scuola nei suoi propositi iniziali intendeva cancellare le attuali “barriere tra nidi e materne”, introducendo un nuovo modello formativo con l’infanzia scolastica che “non avrà più cesure: andrà tra zero e sei anni, ininterrottamente”; che il nido “non sia più un servizio a domanda individuale, di carattere sociale. Sarà un servizio generale, di carattere educativo. Tutto viene incardinato sotto la responsabilità unica del Ministero dell’Istruzione”. Detto grossolanamente: una formula mista in cui lo Stato fornisce indirizzi e gli Enti locali amministrano. Appunto i servizi integrati. La legge 107 prevede che entro gennaio 2016 il Governo dovrebbe emanare un decreto legislativo che modifichi sostanzialmente gli assetti della scuola dell’infanzia e dei nidi. In nome della specificità dei due percorsi (che verrebbe, secondo i detrattori, sottintesa rispetto all'unitarietà dei percorsi) si sono accese molte polemiche; ci sarebbe anche un disegno di legge già pronto; oggi non è ben chiaro chi possa insegnare a chi e con quale titolo; si evidenzia da più parti la scarsa chiarezza sui finanziamenti e il fatto che dietro la formula “servizio integrato” vi potrebbero essere oneri maggiori per le famiglie. Ho già chiarito che nella partecipazione delle famiglie ci credo, ma non è l’aspetto che più mi convince di questa rivoluzione culturale: è proprio l’idea di costruire percorsi non solo assistenziali ma educativi a convincermi. In molte città si fa fatica a realizzare istituti comprensivi perché sono mere aggregazioni di scuole diverse. La continuità, in questo mondo liquido e in educazione, credo sia un valore. Certo con stacchi, differenze e gradualità, ma comunque un valore... Come credo che 0-6 sia un valore in cui assistenza/educazione siano per la nostra prima infanzia endiadi fondanti pari ad autonomia/relazione per la nostra preadolescenza.

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