martedì 30 settembre 2014

Diritti e dintorni - settembre 2014. RIPARTIRE DAI DIRITTI

Lorenzo Campioni
Pedagogista


La riflessione più avanzata che ci ha lasciato Loris Malaguzzi negli ultimi anni della sua vita è un approfondimento sui diritti dei bambini, degli insegnanti/operatori e dei genitori[1].
La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia[2] avrebbe dovuto segnare una svolta nelle politiche rivolte all’infanzia e adolescenza, coinvolgere tutti i livelli istituzionali e pervadere la cultura socio-psico-pedagogica per sostenere il cammino verso la compiutezza umana di ogni cittadino. La carta malaguzziana è uno dei pochi tentativi efficaci di trasportare i diritti nella vita quotidiana dei servizi educativi e nelle scuole dell’infanzia, una lettura che certamente non si ferma entro le mura scolastiche ma invade prepotentemente tutta la società.






Il diritto alla cura e all’educazione è un diritto speciale perché sta alla base di molti altri diritti: è il diritto a diventare uomo, a entrare nella cultura e fa riferimento alla comunità che accoglie un nuovo membro, lo accompagna nel periodo più sensibile e importante di ogni persona per offrirgli tutte le opportunità di sviluppo e diventare un membro attivo, critico e responsabile della comunità.

I diritti civili e sociali, nella nostra Costituzione[3], sono legati strettamente al riconoscimento dei livelli essenziali delle prestazioni da parte dello Stato da garantire a ogni cittadino, indipendentemente dall’età e dal luogo di vita. In questi anni che ci separano dalla revisione costituzionale si è parlato spesso di una loro attuazione ma le ottiche e gli approcci sono molto diversi e spesso opposti. Partire dai fabbisogni e dai costi standard[4] e non dai diritti per affrontare la problematica complessa dei livelli essenziali è un’operazione bacata da un realismo esasperato e ragionieristico che non approderà a nulla e che non fa ben sperare nel futuro. È un prendere atto della situazione attuale di crisi e ritornare, sotto altre spoglie, a un welfare assistenziale, lontano dal concetto universale di diritto.
Va dato atto al pool di associazioni che fanno riferimento a “Batti il cinque” di avere approfondito il tema dei livelli essenziali per l’infanzia e l’adolescenza[5], di averli ancorati saldamente ai diritti e di avere avanzato una proposta fatta propria dall’Autorità garante per l’infanzia in vista di ulteriori approfondimenti e confronti a livello istituzionale.
L’ISTAT[6] ci segnala che la spesa sociale dei Comuni invece di aumentare, in questo periodo di grandi difficoltà per molti nuclei familiari, è diminuita: L’opposto di quello che qualunque persona di buon senso si aspetterebbe. Il bene pubblico e il benessere di tutti i cittadini, soprattutto i più indifesi, non sono in testa ai pensieri dei decisori tecnici e politici[7]. Inoltre mentre si è particolarmente sensibili ai richiami della Commissione europea sul versante del patto di stabilità non altrettanto si è attenti e ricettivi verso altri importanti documenti europei[8] che insistono sull’urgenza degli investimenti precoci sull’infanzia e sui suoi servizi per costruire comunità più giuste e solidali.
In Italia dal 1997[9] è istituita la Commissione parlamentare per l’infanzia ma è da tempo che non batte un colpo e non ci risulta che sia frequentata assiduamente dai parlamentari e dalle parlamentari. Come è possibile che i componenti la Commissione per l’infanzia diano la propria approvazione a documenti di programmazione economica e finanziaria o a leggi di stabilità che non contemplano fondi, non dico sufficienti ma almeno accettabili, per le politiche rivolte alle famiglie e ai servizi per l’infanzia? Come è possibile accontentarsi di cerimonie come le conferenze nazionali sull’infanzia e adolescenza che non lasciano tracce di sé nella vita delle persone? O di piani d’azione[10] che puntualmente rimandano a risorse da prevedersi nelle finanziarie, che a loro volta non fanno accenno all’infanzia e adolescenza? O commemorazioni annuali, come quella del 20 novembre, intrise di riconoscimenti retorici che celano gravi disattenzioni verso i cittadini più piccoli e nessuna volontà di cambiamento? 
L’unico segnale positivo a livello nazionale e che ha riportato l’attenzione sull’infanzia e sul sistema educativo per bambini in età 0-6 anni è il Disegno di Legge n. 1260[11] che se venisse approvato in tempi brevi costituirebbe un rilancio e una attuazione dei diritti alla cura e all’educazione di ogni bambino. È ora di mobilitarci, di uscire dal letargo e fare sentire la nostra voce perché siamo ben consapevoli che quando i diritti sono negati nell’infanzia saranno disconosciuti per sempre e questa è responsabilità di tutta la comunità e non solo di chi ci governa.







[1]     Una carta per tre diritti, Reggio Emilia, Centro Documentazione e Ricerca Educativa Nidi e Scuole dell’Infanzia, 1993.
[2]     Approvata il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia il 27 maggio 1991 con legge n. 176.
[3]     Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; vedi Titolo V e in particolare l’art.117.
[4]     Cfr. art. 2, legge 5 maggio 2009, n. 42.
[5]     Cfr. “Proposta di Batti il Cinque sui livelli essenziali” (documento),
      http://images.savethechildren.it/f/download/Networking/li/livelli-essenziali.pdf?_ga=1.185118378.264716945.1411034763
[6]     Vedi capitolo 4 del Rapporto annuale 2014 - La situazione del Paese.
[7]     Vedi il fondamentale apporto dei Rapporti annuali CRC, frutto di un serio lavoro di documentazione, http://www.grupponidiinfanzia.it/documenti/
[8]     Comunicazione del 17 febbraio n. 66/2011 e Raccomandazione del 20 febbraio n. 112/2013.
[9]     Art. 1, legge 23 dicembre 1997, n. 451.
[10]    Ci si riferisce ai Piani nazionali d’azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, vedi www.minori.it
[11]    Ricerca il disegno di legge sul sito del Gruppo Nazionale www.grupponidiinfanzia.it

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