giovedì 12 aprile 2012

®ESISTERE

Esistere si sa è duro di per sé,almeno nel senso di vivere. Infatti te ne capitano di tutte i colori fin dalla più tenera età. Certo, quelle che ti capitano da bambino magari, una volta diventato grande, ti fanno sorridere. Anche se questo non è vero per tutti i bambini,perché ce ne sono tanti nel mondo che non ci trovano niente da ridere nemmeno quando sono grandi,anche perché ad alcuni di loro capita proprio di non riuscire a diventare grandi e muoiono ancora bambini.

Comunque con un po’ di fortuna grande lo diventi. Ma quando? Dipende dal momento. A me ad esempio hanno detto che ero diventato grande a 14 anni. Oggi invece l’ISTAT considera giovani tutti i disoccupati anche fino a 35 anni.

Tanto che giovane è diventato sinonimo di disoccupato o precario.

Così sono per primi i giovani a parlare di vita precaria,che non dev’essere una gran bella esistenza. Infatti sono in mobilità permanente e anche nei rapporti personali sono molto flessibili: evitano di metter su famiglia e soprattutto di fare figli. Anche se molto più poi che prima, la gioventù passa e quando compi gli –anta tutti concordano sul fatto che sei un  adulto maturo. Talmente maturo che il lavoro,se l’avevi trovato, l’hai già perso e la famiglia ,se te l’eri fatta, si è già sciolta. A questo punto penseresti di cominciare a pensare alla pensione,ma è un’idea sbagliata. Vecchio sei proprio vecchio perché pensi ancora che dopo una esistenza di duro lavoro tu ti sia guadagnato il diritto alla pensione. Ma non è così “l’esistenza si è allungata”perciò devi stringere i denti (e la cinghia)e tirare avanti ancora per diversi anni.

E’ a questo punto che capisci che più che esistere ti tocca r-esistere.


Personalmente ,visto che sono già arrivato in questa fase dell’esistenza,quando arriva aprile e vado nelle classi a fare il laboratorio di storia sulla Resistenza,mi viene da pensare che i nostri padri che hanno fatto la Resistenza sono stati davvero forti,fatti probabilmente con una stoffa più robusta della nostra. Infatti oltre a superare tutte le prove dell’esistenza come quelle che ho descritto prima,si sono ritrovati sotto una dittatura che li ha portati in guerra e pur essendo stati educati all’obbedienza,ad un certo punto non ce l’hanno più fatta,si sono tolti la divisa e hanno mandato tutti a quel paese. Come mio padre che era militare dell’aviazione,arrivato superstite all’8 settembre, ha gettato la divisa ed è salito in montagna a combattere i nazisti e i fascisti,perché abitava a Modena e perciò sopra la Linea Gotica. Non era un eroe,aveva la terza elementare,finita la guerra si è ritrovato disoccupato e poi dopo anni di miseria finalmente è riuscito a fare il mestiere che aveva sognato: il falegname. Partecipando alla Resistenza aveva ri-preso fiducia nell’esistenza,si era fatto una famiglia e aveva messo al mondo un figlio,cose normali che oggi sembrano diventate “eroiche”. Non è che finita la guerra sia subito sorto “il sol dell’avvenire”mio padre ha dovuto fare anche le lotte operaie. Il 9 gennaio 1950 la polizia sparò sugli operai in lotta a Modena e ne uccise 6,tra cui mio zio Arturo. Per questo mi vien da dire che se ce l’hanno fatta loro potremo farcela anche noi. A patto che seguiamo l’appello lanciato dal partigiano studente universitario Giacomo Ulivi,fucilato a 19 anni nel 1944 in Piazza Grande a Modena,nella sua ultima lettera agli amici:

Come vorremmo vivere,domani? No,non dite di essere scoraggiati,di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete voluto più sapere! ”

Arturo Ghinelli

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