martedì 9 ottobre 2012

Pedagogia- porte aperte ad un futuro incerto

Parlando della Germania
di Roger Prott

C’erano dei tempi in cui i bambini in Europa girovagavano liberi per gran parte delle giornate – anche prima che raggiungessero l’età per andare a scuola. I bambini stavano all’aperto insieme ad amici e fratelli sia durante l’estate, sia durante l’inverno. Quando capitava che stessero in casa per troppo tempo, si diceva loro: “Vai fuori a giocare!”

Al giorno d’oggi, l’infanzia è vissuta in modo molto diverso da quanto accadeva allora: le nascite calano continuamente, le ansie dei genitori nei confronti dei figli aumentano, l’intenso traffico per le strade limita lo spazio “esplorabile”, quasi ovunque i bambini devono frequentare Servizi Educativi per la Prima Infanzia. In particolare, quest’ultimo aspetto implica che essi passino la maggior parte del loro tempo in spazi circoscritti: quattro mura, un tetto, un cortile delimitato e adulti appositamente formati per gestire questi contesti - i pedagogisti -.

Pedagogisti, e non insegnanti!
I pedagogisti svolgono professionalmente ciò che i genitori fanno normalmente: si occupano della crescita dei bambini; o, per dirla diversamente, li preparano per il loro futuro.

Ma è effettivamente possibile preparare i bambini ad un futuro nel mondo restando all’interno di istituzioni delimitate? I bambini hanno davvero la possibilità di fare esperienza di ciò che è la vita oggi? E cosa sarà del loro futuro, come lo vivranno?

Nessuno lo sa. Il futuro non è prevedibile, ma sicuramente lo vivremo, dunque, dovremmo preparare i bambini e noi stessi ad affrontare rischi ed imprevisti!

Tuttavia, al contrario, sembra pervadere l’idea di evitare di incorrere in situazioni impreviste: raramente i genitori lasciano i bambini giocare liberi nelle loro città, li accompagnano da un luogo all’altro, li rintracciano in ogni istante utilizzando telefoni cellulari, le leggi per la sicurezza nei servizi per l’infanzia hanno degli standard elevati, ecc. Anche i pedagogisti seguono questa tendenza; infatti, spesso non lasciano ai bambini alcune libertà d’azione che invece avrebbero a casa.

Gli adulti si giustificano affermando di agire per proteggere i bambini. Troppo spesso, tuttavia, questa viene usata come scusa per nascondere il proprio desiderio di auto-protezione: nessun danno o problema con i bambini e tutto sembra andare bene. Ma l’apparenza inganna. Un’istituzione in cui non accade mai nulla può essere abbastanza sconsigliabile per i bambini, in quanto concretamente hanno poche possibilità di sperimentare la propria indipendenza. Gli incidenti possono essere interpretati come un indicatore del tentativo dei pedagogisti di svolgere seriamente il loro lavoro e i loro doveri. Se gli adulti – tanto i genitori quanto i pedagogisti – non si assumono il disturbo del rischio al fine di salvaguardarsi, ogni bambino incorrerà nel rischio di avere uno sviluppo parziale.

Ogni fase della crescita, ad ogni modo, porta alla libertà; di conseguenza, ogni fase deve nutrirsi di per sé di un certo “spirito di libertà” – con tutte le conseguenze e i rischi da esso derivanti, e in particolar modo la consapevolezza che qualche volta qualcosa può andare storto. Questa, semplicemente, è la vita… Come un poeta tedesco una volta disse:  la vita porta rischi alla vita.

Le istituzioni educative sono state create nell’intenzione di sostenere i bambini verso il raggiungimento dell’indipendenza, non per proteggerli finché crescono: le istituzioni educative sono destinate a supportare i bambini affinché nella vita riescano a fare affidamento  sulle loro capacità con piena responsabilità.

Obiettivo primario della pedagogia, e dei pedagogisti, risiede nella progettazione di opportunità per i bambini di ragionare sul passo successivo da muovere durante il loro processo di crescita.  Questo significa che la crescita è un processo in continuo avanzamento – in qualche misura incerto. Dunque, la pedagogia deve essere costruita su competenze da considerare come obiettivi da raggiungere: fiducia in se stessi e responsabilità dei bambini. Quanto appena espresso potrebbe sembrare abbastanza contradditorio e confuso; e forse lo è, ma non c’è altra strada da percorre per raggiungere traguardi di valore in ambito pedagogico.

In un certo senso, quindi, la cura e l’educazione della prima infanzia è una tra le professioni più rischiose.

Ma come possiamo legittimare questa “pedagogia dell’imprevisto”? Possiamo trovare motivazioni favorevoli considerando la pedagogia come una scienza, ma anche all’interno di considerazioni politiche e giuridiche.

Aspetti politici

Forse può sembrare scontato, ma un sistema democratico tiene molto più conto di obiettivi, metodi e procedure pedagogiche rispetto ad uno totalitario. Sotto la spinta di uno spirito democratico, il primato del libero sviluppo della personalità viene considerato un obiettivo generale/base.

Di conseguenza, i bambini dovrebbero essere educati all’indipendenza e alla collaborazione, all’autonomia e alla responsabilità, per prendersi cura allo stesso tempo di se stessi e degli altri. Tuttavia, ciò appare difficilmente raggiungibile se i bambini sono obbligati e riempiti di attività “preconfezionate” che i pedagogisti richiedono loro di svolgere.

Certamente, il lavoro educativo deve includere la protezione del bambino da tale considerazione. È indispensabile che nessuno si faccia male, ma, in ogni caso, il vivere di per sé comporta dei rischi. Il risultato di queste riflessioni porta ad una questione problematica. Si potrebbero proteggere i bambini mantenendo continuamente il contatto visivo sulle loro azioni. Solo in questo modo i bambini sarebbero illesi e i rischi sarebbero allontanati: niente più rischi!

Veramente? La troppa supervisione delle situazioni nega l’obiettivo di libera crescita e, di conseguenza, nega i principi stessi della democrazia. Troppe restrizioni ostacolano lo sviluppo dell’indipendenza e della responsabilità.

Aspetti legali e giuridici

La giurisdizione, in Germania, sottolinea il concetto di imprevedibilità della vita. I giudici dicono: lo sviluppo e la vita in generale non possono essere calcolati. Anche se è fondamentale cercare di limitare i pericoli agendo in modo responsabile, è sempre possibile imbattersi in situazioni rischiose.

E ancora: genitori e pedagogisti devono ricordarsi che ogni azione educativa deve essere portata avanti a favore degli obiettivi generali dell’educazione. L’obiettivo prioritario della pedagogia in una società democratica non è la sicurezza dei bambini. La supervisione dei bambini, dunque, non deve limitarli nel loro agire ma deve essere un modo per guidarli verso la propria indipendenza.

Il “controllare”, tenendo conto dell’impostazione democratica della pedagogia, consiste nell’essere capaci di capire cosa i bambini potrebbero fare, di credere in loro e di rassicurarli di volta in volta. In certe circostanze, gli adulti devono interferire e restringere le azioni dei bambini – ma solo temporaneamente. Inoltre, la supervisione non si esaurisce in se stessa né ha come scopo primario la sicurezza. Il controllo dei bambini è solo uno degli strumenti di protezione; uno strumento migliore è la competenza.

Questo, a mio parere, si avvicina molto a conoscenze pedagogiche:

·        Protezione significa che i bambini sono oggetto delle azioni adulte;
·        Competenza significa che i bambini sono soggetti attivi costruttori delle loro vite.

I pedagogisti dovrebbero sempre ricordarsi che i servizi per la prima infanzia mancano di opportunità di vita vera, al punto di rischiare di creare per i bambini “falsi contesti”: testati, standardizzati, sicuri. Se i servizi fossero così tanto sicuri, i pedagogisti sarebbero assunti semplicemente per salvaguardare i bambini; le scuole sarebbero come delle prigioni: la sicurezza prima di tutto, senza spazio per l’indipendenza e la crescita in autonomia.  L’abbandono della pedagogia!

Conclusioni

Dunque, questo significa che i pedagogisti possono permettere ai bambini di fare qualsiasi cosa? Assolutamente no. Ma devono tenere in considerazione che troppo controllo è tanto nocivo quanto troppo poco controllo.

Cosa può essere fatto, in concreto? I pedagogisti possono chiedersi quali assunti pedagogici possono essere considerati alla base del loro modo di agire e progettare. Di seguito, ne consiglio cinque:

1.      Ciò che sto progettando/proponendo va nella direzione della crescita autonoma, dell’indipendenza e della responsabilità?

2.      Si possono riscontrare pericoli precisi all’interno dell’attività progettata?

3.      Correre questo pericolo rende il valore dell’obiettivo che ci si  preposti, o si potrebbe raggiungere lo stesso risultato con rischi minori?

4.      Sono in grado di tenere a mente il quadro generale dell’attività?

5.      Sarei pronto, in evenienza, a gestire un incidente?

Se i pedagogisti considerassero queste questioni nelle loro progettazioni e se fossero responsabili nelle loro azioni, sicuramente non sarebbero in pericolo in prima persona, e inoltre i bambini avrebbero la possibilità di prepararsi ad affrontare la vita responsabilmente.


Traduzione dal tedesco di
Flaminia Raiteri


Nessun commento:

Posta un commento