Il principio della
trasparenza è un concetto che oggi viene utilizzato per definire la possibilità
che deve essere data ai cittadini di accedere a tutte le informazioni che riguardano
l’attività della Pubblica Amministrazione, allo scopo di favorire forme diffuse
di controllo democratico sulle istituzioni.
I servizi educativi, in quanto
servizio pubblico, non sono esenti da tale principio. Peraltro, alla luce di
recenti fatti di cronaca, che hanno messo in evidenza spiacevoli situazioni, la
reazione spontanea di chi è al di fuori di essi è proprio la richiesta di
controllo sulle dinamiche che avvengono all’interno, quasi che, attraversandone
le pareti e ipotizzando strategie di vigilanza diretta delle famiglie, i
problemi che generano tali circostanze si potessero dissolvere.
Il punto di
vista dei servizi
Una prospettiva di
trasparenza imposta, anche per chi nulla avrebbe da nascondere, non appare
allentante, soprattutto nei termini di veder cadere invece, in nome di tale
innegabile principio, il valore della fiducia reciproca nel patto costruito con
le famiglie. Ribaltando il problema, ci domandiamo che cosa accadrebbe invece
se fossero i servizi ad aprirsi in modo diverso, costante, continuo,
dimostrando che quei confini che si vorrebbero forzatamente travalicare, in
realtà non esistono. In questo caso, l’impulso a compiere il primo passo
scaturisce dai servizi, che uscendo fuori e varcando le soglie delle aule
possono manifestarsi senza titubanze. Provando a immaginare di non restare
chiusi dentro le stanze di scuole e nidi, e di abitare giardini, strade, parchi
cittadini, orti, quartieri, incontrando il mondo senza chiuderlo fuori, mentre
si stemperano naturalmente i dubbi e si dissipa ogni ambiguità, si
permetterebbe anche ai bambini di vivere un modo nuovo e più autentico di fare
scuola. In nome della sicurezza, oggi, ci si imprigiona sempre più spesso
dentro le rassicuranti pareti dei servizi: così facendo però, negando ogni
possibile continuità con l’esterno, rendiamo sempre più inaccessibile e
sconosciuto il dentro. E ciò che è ignoto spesso intimorisce.
Il punto di
vista delle famiglie
Ogni genitore, che affida
il suo bene più prezioso ad altri, ha il bisogno e il diritto di essere
rassicurato rispetto all’aver correttamente riposto la propria fiducia. Il
desiderio di vedere all’interno delle mura in cui i bambini trascorrono molte
ore è legittimo e comprensibile: c’è da domandarsi, però, se tale desiderio
persisterebbe qualora queste mura fossero implicite anziché reali, se non
fossero barriere ma solo un alveo aperto allo sguardo, pareti traspiranti tra
il dentro e il fuori. Di fronte a un’istituzione che si muove nel mondo, non
asserragliata e inaccessibile, ma orientata all’esterno, disponibile ad aprire
il varco, forse decadrebbe la necessità di introdursi con prepotenza. Il patto
di fiducia, indispensabile in ogni processo educativo, non sarebbe in alcun
modo messo in discussione, se validato quotidianamente dalle incursioni della
scuola fuori. “Se la soglia è
aperta, facilmente praticabile, senza ostacoli, significa che tra il dentro e
il fuori c’è continui-tà, che chi sta dentro accoglie chi sta fuori e
viceversa” (L. Ottolini, “Soglie”, in
M. Guerra, a cura di, Fuori.Suggestioni
nell’incontro tra educazione e natura, Franco
Angeli, Milano, 2015), con una trasparenza spontanea e generatrice di fiducia,
dove lo stare fuori diventa proiezione della realtà dentro.
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